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Il Papa ha semplicemente approvato il documento così come è uscito dall’assemblea di San Paolo, a Roma.
Il Consiglio Parrocchiale è obbligatorio.
Il ruolo dei laici resta sempre soltanto consultivo

Una novità di metodo

Nel Documento finale della Seconda Sessione del Sinodo dei Vescovi compaiono i termini: opportuno/i – opportunità 22 volte, propone 16 volte, invita 13 volte, prevede 11 volte, auspica 2 volte. Sono quasi del tutto assenti espressioni impositive e non poteva essere altrimenti dato che tale documento non ha di per sé una forza normativa vincolante.

Spettava poi al Papa utilizzarlo come base per una Esortazione Apostolica che ha valore normativo oppure, come di fatto è successo, Papa Francesco ha semplicemente approvato il documento così come è uscito dal Sinodo, attribuendogli autorità magisteriale.  Questo significa che esso diventa parte dell’insegnamento della Chiesa, offrendo orientamenti per la vita ecclesiale, ma senza essere giuridicamente vincolante.

Si tratta di una novità significativa che ha l’intento di valorizzare a pieno il metodo sinodale oltre che come stile di discernimento anche, almeno in parte, di governo per la Chiesa universale. “Questa scelta segna un passo verso una Chiesa che non sia gerarchica ma comunitaria, chiamata alla conversione spirituale e relazionale per testimoniare il Vangelo nel mondo moderno”, come pubblicato in due articoli su L’Osservatore Romano.

Obbligatorio il Consiglio Parrocchiale

Un’eccezione riguarda alcuni organismi di partecipazione come il Consiglio Parrocchiale. In proposito al paragrafo n.104 si dice che

Una Chiesa sinodale si basa sull’esistenza, sull’efficienza e sulla vitalità effettiva, e non solo nominale, di questi organismi di partecipazione.  …. Per questa ragione siano resi obbligatori, come richiesto in tutte le tappe del processo sinodale, e possano svolgere pienamente il loro ruolo, non in modo puramente formale, in forma appropriata ai diversi contesti locali.

Bene dunque. A distanza di 58 anni dal temine del Concilio Vaticano II viene resa obbligatoria la nomina di un organismo di partecipazione attiva dei fedeli alla vita e alla missione della comunità parrocchiale. 

Il ruolo dei laici rimane comunque solo consultivo, su ogni argomento, anche per quelli in cui non sarebbe necessario l’esercizio dell’autorità del parroco. Quindi anche quelli relativi agli ambiti della vita della comunità che richiedono competenze di cui eventualmente il pastore è privo mentre i fedeli sono in grado di compiere discernimento e potrebbero assumere responsabilmente decisioni. Il documento invita solo a cogliere un’opportunità: 

Appare quindi opportuna una revisione della normativa canonica in chiave sinodale, che chiarisca tanto la distinzione quanto l’articolazione tra consultivo e deliberativo e illumini le responsabilità di coloro che nelle diverse funzioni prendono parte ai processi decisionali. (n.92)

Anche la designazione dei membri del Consiglio Pastorale continua a non richiede necessariamente un’elezione, che rimane solo una possibilità alternativa a quella della nomina diretta da parte del parroco: “Quando non è prevista l’elezione, si attuiuna consultazione sinodale che esprima il più possibile la realtà della comunità o della Chiesa locale”. (n. 105) 

Possibilità e limiti

In merito poi alla rappresentanza dei diversi soggetti all’interno del Consiglio si tratta di nuovo di cogliere opportunità, ma senza porre condizioni: “Inoltre risulta opportuno intervenire sul funzionamento di questi organismi” (n.105) e che si ponga “uguale attenzione alla composizione ….  in modo da favorire un maggiore coinvolgimento delle donne, dei giovani e di coloro che vivono in condizioni di povertà o emarginazione”. (n.106). 

In definitiva i Consigli Parrocchiali ci saranno ovunque ma ai laici ancora una volta non resta che confidare nella sensibilità sinodale del loro pastore, al suo spirito conciliare, affinché non siano composti esclusivamente da persone che lui stesso si è scelte, contengano una minoranza di donne e giovani o ne siano addirittura privi e che la loro parola non abbia soltanto un valore “consultivo”. 

Si tratta solo di rischi remoti poiché l’orientamento generale è in linea con gli auspici del Documento Finale? A giudicare dai numeri mi sembra lecito esprimere qualche riserva sul “sentiment” sinodale nella chiesa di Bergamo dato che alla prima fase (dell’ascolto o narrativa) e alla seconda fase (del discernimento o sapienziale) del cammino sinodale ha partecipato non più del 26% delle parrocchie della diocesi.  Una su quattro non è esattamente un fiume in piena. 

Sono numeri che potevano indurre l’assemblea sinodale ad una presa di posizione un po’ più decisa, che rimuovesse quell’arbitrarietà che mantiene i laici in un ruolo minore e dipendente. Eppure a livello di Chiesa locale è soprattutto su questi aspetti di riconoscimento e attribuzione di corresponsabilità che si gioca la credibilità del grande tema della sinodalità. 

Si è seguita la linea dell’attesa che i tempi siano maturi. Ma può essere sempre condivisibile la scelta dei piccoli passi?

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Umaberta Pezzoni

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