La prima cosa che mi sento di dire rispetto all’ Assemblea Sinodale di Roma – alla quale ho partecipato dal 15 al 17 novembre scorso – è che è stata un’esperienza stimolante e rinvigorente.
Sono entrata nella Basilica di San Paolo fuori le Mura con il mio badge da delegata diocesana al collo, con la consapevolezza di partecipare ad un evento che suscita scetticismo, se non incontra, addirittura, la totale indifferenza. Eppure, mi sento di dover dire che già nei tre anni in cui sono stata membro del Coordinamento del Cammino Sinodale Diocesano ho preso coscienza del fatto che della Chiesa importa ancora molto a tanti: nel bene o nel male ci entusiasma o ci delude, ma continua ad interessarci.
Si sono trovati quei laici “che non sono mai andati via”
Penso in particolare ai tanti laici e laiche che hanno partecipato alle fasi del cammino sinodale proposto dalla diocesi, quella narrativa e quella sapienziale, e la cui voce è stata portata in Assemblea Sinodale. Questi laici e queste laiche – a me viene spontaneo chiamarli “quelli che non sono mai andati via” – sono oggetto di osservazione attenta da parte delle statistiche (sono una specie in via di estinzione), ma restano nelle loro comunità anche sapendo di essere diventati minoranza nel quadro della società in cui vivono.
Sono proprio loro che ho incontrato a Roma e sono loro ad essere stati per me una importante sorpresa. La loro partecipazione è già un grande guadagno per la Chiesa e forse basterebbe solo questa per dire che la Prima Assemblea Sinodale ha raggiunto un risultato. Nel presentarsi si sono definiti: “mosche bianche”, “illusi”, “al lavoro per guadagnarsi il paradiso”, “gli unici che ci credono”, ma con sana ironia, perché il fatto che fossero presenti significa che sono capaci di perseveranza.
Cento tavoli di discussione, ognuno occupato da dieci persone tra vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose, laiche e laici, hanno lavorato secondo il metodo sinodale della “conversazione spirituale”: si tratta, in buona sostanza, di parlare per un tempo congruo, di essere ascoltati ed ascoltare e, solo in un secondo tempo, di scambiarsi opinioni su ciò che si è condiviso.
Il confronto è partito dall’ascolto. Solo in un secondo momento si sono confrontate le opinioni
È un po’ la scoperta dell’acqua calda? Forse sì, ma chi fra noi può dire di avere partecipato ultimamente ad una discussione – sia pure la riunione dei genitori della scuola primaria – in cui la gente si ascolta, non alza la voce e non si aggredisce? Ci siamo, dunque, ascoltati e rispettati, tutti con impegno: i cristiani devono testimoniare uno stile, sempre.
Sono rimasta particolarmente colpita dalla vivacità dei laici delle chiese del centro e sud Italia: le diocesi più piccole favoriscono la loro presenza sia negli uffici di curia che alla guida delle comunità. Un diacono di una diocesi del centro, ad esempio, è responsabile di una comunità: è agli esordi in questo ruolo, ma lo ha assunto volentieri. Anche le donne sono più presenti alla guida degli uffici di curia: in questo loro coinvolgersi non mettono, tuttavia, in questione il linguaggio liturgico o la forza delle tradizioni che conservano con serenità.
Mi sembra un dato interessante perché dice come l’impegno laicale aspiri, più che a una riforma della Chiesa nella sua interezza, a un desiderio di fare passi nell’essere coinvolti attivamente nella vita delle loro unità pastorali o parrocchie e come anche da noi, nelle nostre comunità, la presenza dei laici nei posti di guida possa essere favorita solo da una relazione di reale fiducia con il pastore/sacerdote con il quale sono immediatamente a contatto. Il dibattito ai tavoli di discernimento ha evidenziato delle convergenze, perché ci sono bisogni, urgenze, richieste, proposte che i credenti di tutte le diocesi italiane hanno portato all’attenzione dei loro vescovi che avranno il compito, a maggio del 2025, di produrre un Quaderno Sinodale: si indicheranno lì direzioni e pratiche per un rinnovamento della Chiesa.
Ho pensato al Regno come il piccolo seme di senape o alla Chiesa-barca che deve affrontare sempre nuove tempeste
Non sto ad elencare qui tutte le convergenze che si sono evidenziate nel lavoro di discernimento: le troveremo presto nello Strumento di Lavoro che verrà consegnato alle diocesi nelle prossime settimane e sul quale avremo modo di riflettere. Per il momento mi pare importante sottolineare l’appassionata presenza laicale, con la partecipazione e la presa in carico di un pensiero rivolto alla Chiesa che non sta attraversando il suo momento di massima popolarità.
Insieme ai laici e alle laiche presenti, mi sono sentita davvero a casa e non ho potuto fare a meno di pensare continuamente a Gesù, al suo regno che è come un seme di senape, ai suoi amici che sono come un pizzico di lievito nell’impasto, alla barca con a bordo i suoi discepoli che è sempre in mezzo a qualche tempesta, perché mai come di questi tempi mi pare che dobbiamo proprio ricordarci che il Vangelo non chiama a cose grandi, ma a piccoli passi in avanti, magari modesti, e ad essere pronti a dimostrare, soprattutto nei momenti di crisi, il coraggio della nostra speranza.