“Sono tanti” è uno dei commenti che si sono sentiti. Don Francesco Pellegrini, mio confratello canonico, ci ha ricordato che quando lui è stato ordinato prete, nel 1955, i sacerdoti novelli erano 44 (33 diocesani, 7 dell’Istituto Paradiso, 4 religiosi: anche questi tutti bergamaschi). Altri tempi. Ma erano proprio altri. Il che significa anche che i nostri tempi sono totalmente nuovi rispetto al passato. Lo sappiamo molto bene e questo ci porta a chiederci dove si sta andando, che tipo di Chiesa sta nascendo sotto i nostri occhi. Come vivere una Chiesa che non ordina più 44 preti ma solo cinque ed è pure portata a dire che quei cinque preti sono tanti?
Non è un dato secondario perché sulla figura del prete la Chiesa aveva puntato molto: era la parrocchia “tridentina” tutta centrata sul suo “pastore” e raccolta attorno al suo campanile. Quella Chiesa un po’ c’è ancora ma abbiamo tutti la sensazione che sta rapidamente finendo. Non solo sta finendo, ma fatica a prenderne atto. L’atteggiamento fondamentale di molti credenti e soprattutto di molti preti non è quello di chiedersi dove si sta andando ma da dove si è partiti.
Mi è venuto spontaneo paragonare questo “dato” con le novità maturate nella Chiesa italiana gli scorsi giorni. Papa Francesco ha scelto come presidente della Conferenza Episcopale Italiana il cardinal Zuppi, figura esemplare della Chiesa in cammino, dell’altra Chiesa che è più preoccupata di guardare in avanti che indietro, di inventare il futuro più che di conservare il passato. Si conferma, quindi, una sensazione che già altre volte avevamo avvertito. Questa: la Chiesa cammina ai vertici ma arranca alla base. Il Papa ha molto più coraggio dei vescovi e dei parroci.
Cerco di trovare una qualche consolazione. L’unica che riesco a formulare è che, almeno nei tempi vicini a noi, è quasi sempre così. Per lo meno alcune grandi riforme e alcuni grandi eventi sono “venuti dall’alto”. Se Papa Giovanni avesse chiesto alla base della Chiesa ma anche se avesse chiesto alla curia di Roma se fare o no il Concilio, il Concilio, molto probabilmente, non si sarebbe fatto. D’altronde questo lo scotto da pagare alla centralizzazione della Chiesa che è fenomeno recente.
Sto pensando anche al fatto che, soprattutto nella Chiesa locale, è difficile trovare gruppi, gente di cultura, teologi… che spingono per le grandi riforme. Intanto queste forze vive sono o sparite o diminuite e poi, anche dove e quando ci sono, restano isolate, senza forza. Oggi, la forza delle idee, è debole. “Tutti e’ profeti armati vinsono ed e’ disarmati ruinorno”, dice Machiavelli. Verissimo. Oggi i profeti sono pochi, e quei pochi non dispongono di armi. E se anche, talvolta, raramente, ne dispongono si rivelano essere armi improprie.
Sto pensando, in particolare, alla Chiesa di Bergamo. Gli uomini di cultura, il seminario soprattutto, usa le poche forze di cui dispone più per salvare se stesso che per cambiare la Chiesa. E se anche volesse cambiare la Chiesa, non ci riuscirebbe perché il vescovo e la maggior parte – non tutti, si spera, ma la maggior parte – dei suoi collaboratori pensa che sia già una grande impresa salvare quello che c’è piuttosto che inventare quello che non c’è.
E così ci si rassegna. Ci si deve rassegnare.
E così ridiventa ancora una volta attuale l’antico lamento del salmo 74: “Non ci sono più profeti e tra di noi nessuno sa fino a quando…”.
3 Comments
Non conosco nessuno di questi 5 novelli preti, ma trovo un poco azzardato parlare di loro come ” vecchi” o meglio di vecchia formazione …Forse perché il seminario è di vecchia tradizione nell’espressione di coloro che hanno la responsabilità di formare giovani che hanno in sé già un grande dono vocazionale? Sono tempi durissimi x tutti e non può essere da meno x una Chiesa che si è trovata ad affrontare le sfide dell’oggi con ” armi spuntate”…Profeti ce ne sono sempre stati ed esistono tuttora, ma ahimè, la struttura gerarchica ecclesiale, ne ha impedito la loro messa in ” luce”, preferendo non scontentare coloro che nella Chiesa, davano sostegno economico e quindi, automaticamente allo svolgere senza troppe fatiche le attività da sempre tradizionalmente offerte,…ma su richieste e di volonta ad personam , anziché su basi di una concertazione dell’intera comunità…Sono pressoché convinta, che gran parte delle responsabilità della attuale situazione è da imputarsi a noi ” fedeli” che per ambizioni di visibilità personali, non hanno mai fatto nulla x cambiare una mentalità di approccio e proprio anche sul rapporto interpersonale con i parroci di turno( alcuni nella stessa parrocchia x oltre 20 anni). Tornando ad iosa, se la Chiesa non si mette davvero in cammino …saranno gli eventi che la faranno ” correre”…l’importante è che ci “parli” di Gesù… e poi, noi ci fidiamo di proposte fatte o guidate da laici, senza che un “prete” non ci debba mettere la faccia?
La preoccupazione di noi laici è la qualità di questi preti che escono dal nostro seminario. Sembra che le esortazioni del papa sulla chiesa in uscita non esistano. Escono già con l’idea di tornare indietro. Di non guardare al presente e al futuro. Più clericalizzati che mai. Fa proprio impressione vederli così giovani e già così vecchi dentro. Non credono ancora nel concilio, lo scartano a priori. Per cui ritorniamo a una chiesa e a degli oratori tridentini… altro che cultura formazione teologia e poi di conseguenza la parola la liturgia la pastorale. E dentro tutto questo l’uomo di oggi con i problemi di oggi e una società che sta cambiando e cambia velocemente. A volte noi laici per poterci salvare dobbiamo ancora ricorrere agli incontri con i preti dei nostri tempi, ascoltiamo volentieri la loro cultura e la loro parola. E soprattutto se siamo così ,viviamo ancora per la passione con la quale essi stessi hanno amato la chiesa e la parrocchia, hanno pregato e creduto. Hanno fatto del vangelo la loro vita. Dobbiamo ringraziare veramente e sperare che nei nuovi preti ci sia il coraggio e l’umiltà di capire i bisogni della chiesa di oggi.
Sì, si ha la sensazione deprimente che i giovani sono vecchi e, spesso, i vecchi sono giovani. E di questo paradosso, posso assicurarlo, i vecchi, noi vecchi non siamo per nulla entusiasti.