I “preti novelli” vanno in parrocchia

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I nove preti ordinati in duomo lo scorso 27 maggio sono stati “destinati” tutti alle parrocchie. Cruciale l’incontro con le comunità e, in particolare, con i parroci. Si tratta di passare dalla teologia del seminario alla vita della parrocchia. Se il rapporto con la comunità e con il parroco non funziona, sono guai per tutti

Lo scorso 1 giugno, a pochi giorni dall’ordinazione presbiterale, ai nove sacerdoti novelli della diocesi di Bergamo, il vescovo ha comunicato le comunità nelle quali verranno inviati, a partire dal prossimo mese di settembre, in qualità di vicari parrocchiali e responsabili della pastorale giovanile. Tutti e nove avranno questo incarico: nessuno di loro proseguirà, per ora, gli studi o presterà servizio presso il Seminario; tutti andranno in parrocchia. 

“Destinazione”

In questo caso, si dice che i preti novelli hanno avuto la loro “destinazione”. Un termine decisamente interessante. Quando si utilizza un navigatore satellitare, esso, appena accesa la schermata, richiede: “Inserire destinazione”.

Impegnativo questo termine, “destinazione”, lo stesso che appare quando si accende un navigatore satellitare

Va indicato con esattezza il luogo dove si vuole andare, perché il navigatore, strumento oggi precisissimo, possa guidare l’autista fino al punto indicato. 

Ecco, così avviene anche per il sacerdote novello: gli deve essere detto il “dove” del suo ministero e cosa gli è richiesto di fare. Il “dove”, chiaramente, non è indifferente, non tanto per quanto riguarda la geografia, ma soprattutto le persone, nello specifico i confratelli preti che egli incontrerà. Mi soffermo qualche istante su questo aspetto secondo me importante.

“Novello” e “prete”

Il prete novello non è un “prodotto finito” (non lo è nemmeno il prete che festeggia il cinquantesimo di ordinazione, del resto). Ma sacerdote con qualche anno di ordinazione ha dalla sua parte l’esperienza e, come si dice da noi, “si è fatto le spalle larghe”, ha affrontato le inevitabili fatiche del ministero. Il prete neo ordinato, invece, è un giovane che, dopo aver compiuto il cammino formativo del seminario, è chiamato a dare forma concreta alla scelta definitiva assunta dinanzi a Dio e alla Chiesa.

Il passaggio è decisamente delicato: ciascuno ha la sua personalità, il suo carattere, le sue doti e i suoi difetti, la sua cultura (diversi seminaristi entrano in seminario già laureati), i suoi ambiti pastorali nei quali si trova maggiormente a suo agio e quelli nei quali fatica.

Un prete giovane viene “buttato” in un oratorio, spesso vasto e complesso

In più, il prete novello è… prete! Ciò cambia radicalmente le cose rispetto all’esperienza vissuta da seminarista. Da preti, immediatamente viene affidata ai novelli la cura della pastorale giovanile di una comunità numericamente consistente, dove è presente un oratorio impegnativo da gestire. 

Inoltre, va ricordato che non è prevista alcuna “gavetta”. Non ci sono passaggi intermedi .. appena si giunge in parrocchia si è immediatamente “direttori” di quell’oratorio.

Certo, il mestiere si impara gradualmente, come è per ogni professione; va anche detto che la gente solitamente è molto paziente col giovane prete che arriva in parrocchia e profuma ancora dell’unzione ricevuta sulle mani all’atto della consacrazione. Tuttavia, in tempi relativamente brevi occorre imparare e diventare guide sicure per la comunità.

Il “prete novello” e il parroco

Qui si inserisce l’altro aspetto decisivo perché quanto sopra descritto avvenga con maggior facilità e senza fatiche eccessive: la scelta dei parroci cui affidare questi giovani preti.

A Bergamo, mi sembra di notare una particolare attenzione su questo aspetto. Il primo parroco, lo dico per esperienza, è fondamentale per il giovane prete che inizia il suo ministero. Avere un prete che si ponga come un padre nei tuoi confronti, ti guidi alla conoscenza della comunità, ti sostenga nelle fatiche, freni i tuoi facili entusiasmi e le scelte affrettate, lasciandoti però esprimere secondo le tue attitudini e capacità, è decisivo.

Non solo: è importante che il parroco rispecchi, pur nella sua singolarità e con caratteristiche inevitabilmente proprie, l’immagine del prete così come la Chiesa di Bergamo vuole che sia oggi.

Cruciale il ruolo del parroco, dalla spalle larghe, che rispetta e aiuta il giovane a farsi, a sua volta, le spalle larghe come le sue

Durante il seminario si accostano tematiche ed esempi di un certo tipo di ministero, che mostrano l’orientamento della chiesa diocesana. Si parla di un prete secondo il Concilio, capace di lavoro d’insieme, convinto dell’importanza della corresponsabilità laicale e degli organismi di collaborazione territoriale. Ora è importante che il prete novello ritrovi nel suo parroco gli elementi di cui il seminario gli ha parlato. Altrimenti, potrebbero presentarsi problematiche non semplicemente risolvibili.

Se ripenso ai primi anni di ministero, non posso che essere grato al Signore per don Tarcisio, mio primo parroco a Telgate, e a don Angelo e don Fabio, con i quali vivevo l’esperienza di vita comune. La loro vicinanza e il loro sostegno, uniti al loro esempio, sono stati per me decisivi per formarmi nel carattere e nello stile presbiterale. Hanno contribuito al costituirsi di quelle “spalle larghe” che mi hanno salvato in alcuni momenti meno semplici del cammino sacerdotale.

È l’augurio che faccio di cuore ai preti novelli, tra i quali c’è don Lorenzo, giovane di Telgate che ho avuto l’onore di accompagnare durante tutto il percorso formativo: siete affidati a parroci che saranno per voi padri! Coraggio, ragazzi, vivete una fraternità vera che, facendo tesoro delle diversità, vi aiuti a crescere! 

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