I credenti sono sempre di meno. Cosa fare

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I credenti sono sempre di meno. Cosa fare

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Risale ai giorni scorsi la pubblicazione dei dati ISTAT sulla pratica religiosa e la partecipazione alle celebrazioni della Chiesa Cattolica in Italia.
Utili e necessarie alcune considerazioni

I numeri e la presa d’atto: la partecipazione alla messa è crollata

Un dato balza immediatamente all’occhio: se nel 2001 la pratica religiosa raggiungeva il 36,4 % (dato comunque molto basso, immagino, rispetto anche solo a un decennio prima), nel 2022 essa è scesa al 18,8%. Dunque, in vent’anni partecipa alle celebrazioni liturgiche la metà delle persone e, come qualcuno ha fatto notare divertendosi con i numeri, risulta che a Messa vada una persona su cinque. Lascio ai sociologi la lettura scientifica dei dati, che è necessaria.

I numeri impietosi, gli anziani non rimpiazzati e poi la pandemia

Da parte mia, come “soldato semplice” sul campo della pastorale pratica, posso dire che i dati non mi stupiscono: sono prete dal 2010 e in questi 13 anni, che sono pochi ma non più pochissimi, il calo di presenze è stato evidente. Gli anziani che muoiono (ed erano quelli che si vedevano alla Messa mattutina quotidiana) non vengono sostituiti da altri fedeli.

Nelle Messe domenicali estive capita che l’adolescente di turno presente in Chiesa che conquista la medaglia del più giovane partecipante alla celebrazione sia io, che celebro la Messa e compio in questo mese 39 anni… Mettiamoci anche il tempo della pandemia, che qualche problemino l’ha creato (da “Messa alta” a “Messa salta” il passo oggi è breve!) e, unito tutto nello stesso calderone, i risultati sono questi.

Tra chi dice che tutto va male a chi dice che Dio vince sempre

Ciò detto, mi appello a un santo cui a Bergamo in molti ci rivolgiamo con frequenza: SAN FAI? (per i non bergamaschi: “Cosa facciamo?”). Eh sì, perché qualcosa dobbiamo pensare e, una volta pensato, qualcosa dobbiamo fare.

Credo ci siano tre modi per reagire ai suddetti dati, cha paiono impietosi. Prima opzione: “la via della catastrofe imminente”. È la via di chi, nella Chiesa, dice che va tutto male. “Le chiese si svuotano… Tra 20 anni non c’è più nessuno… Tra 10 anni venderemo gli oratori…” ecc. Solitamente, chi aderisce a questa via, cerca colpevoli: “colpa di papa Francesco… con un altro Papa non sarebbe andata così… Colpa dei preti di oggi che non sanno fare i preti… Colpa della secolarizzazione (come se noi non ne facessimo parte…)”. È una via possibile, ma la eviterei con cura.

C’è chi dice che tra 10 anni venderemo gli oratori. Altri invece dicono: Gesù, Dio ci penseranno

Seconda opzione: “la via spiritualista”. Attenzione, ho scritto “spiritualista”, non “spirituale!”. È la via di chi, restando un po’ intontito dinanzi agli eventi, lascia volentieri a Dio di risolvere il problema, per la serie: “Stiamo sereni, i sociologi possono dire ciò che vogliono, ma la Chiesa è guidata dallo Spirito, che si sottrae alle loro previsioni e interpretazioni. Gesù qualcosa farà… Non permetterà che le chiese rimangano vuote!”. È un’altra via possibile, ma eviterei anche questa.

Il crollo dei numeri può essere una grazia

Preferisco una terza via, che definirei “spirituale”. È la scelta che faccio mia. Credo fermamente che lo Spirito guidi la Chiesa, ma anche nel fatto che la Chiesa debba discernere ciò che lo Spirito ispira.

Pertanto, non posso esimermi di leggere con serietà i dati che la sociologia mi offre. Se i fedeli calano, io come credente devo domandarmi il perché e darmi da fare. Non si tratta, certo, di agire secondo i criteri di una multinazionale, quale la Chiesa non è e non deve essere: non è in discussione il gradimento di un prodotto che “non va più” sul mercato e richiede di essere sostituito da altro. Si tratta però di analizzare con serietà le nostre scelte pastorali, liturgiche, catechistiche, di carità. Questo sì.

I preti saranno pochissimi, le comunità piccoli gruppi. Sarà sempre più necessario il coraggio di percorrere vie inesplorate

Sappiamo bene che non esiste un prontuario di scelte sicuramente efficaci e che la questione è complessa. Con ogni probabilità, davvero tra vent’anni i preti saranno pochissimi (e questa forse è una grazia!) e le comunità cristiane piccoli gruppetti di fedeli che si incontreranno per la mensa della Parola e del Pane (non è una grazia anche questa?): cosa possiamo fare noi, su questo?

Tuttavia, abbiamo il dovere, sui fondamentali dell’agire della Chiesa, di riflettere con cura, avendo il coraggio di lasciare ciò che va lasciato e osando percorrere vie inesplorate alla luce di un discernimento comunitario. È un passaggio necessario per tenere aperte le domande giuste e non continuare a rispondere a domande che nessuno ha posto.  

1 Comment

  1. Claudio Sacchi ha detto:

    Tutte chiacchere….in realtà non ascoltate…e se asoltate non volete cambiare ! La chiesa deve diventare più credibile !! Il paradigma sta in atti 22 !

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