Con Simona Segoloni, venuta a Bergamo per una bella lectio sul libro di Giuditta, abbiamo più volte condiviso l’amarezza e l’immobilismo sul tema del diaconato e del sacerdozio femminile. E mi pare che la teologia, soprattutto negli ultimi anni, abbia provato a mostrare l’inesistenza di argomenti veramente cogenti a riguardo. A proposito consiglio il bel libro “Senza impedimenti” di Andrea Grillo e Serena Noceti edito da Queriniana. Mi ha anche colpito che, in una cena con il cardinale De Kesel, arcivescovo emerito di Bruxelles-Malines e fresco di Sinodo, si parlasse proprio di esso e dei suoi sviluppi. Riportava da un lato la pluralità di una Chiesa variegata e multiforme, e dall’altra una fatica metodologica nel capire dove porterà questo Sinodo.
Le molte discussioni al sinodo fanno pensare che il processo sinodale è prigioniero del metodo stesso
Provo a spiegarmi in breve. Il cardinale accennava senza entrare nel dettaglio a diverse plenarie, gruppi di lavoro variegati, alcuni documenti prodotti. Al di là dell’organizzazione vera e propria delle sedute (non trascurabile), De Kesel rimandava una difficoltà: il Sinodo nasce per rendere strutturale un metodo, quello sinodale, che però sembra incepparsi e cadere in una stagnante improduttività, con il rischio di non toccare mai oggetti concreti di discussione. Tra le righe emergeva nelle sue parole da una parte l’ammirazione nel constatare la capacità di ascolto, dall’altra il disappunto e il dispiacere dovuti all’imbattersi spesso in un metodo paralizzato e totalmente disincentivante il dibattito e la discussione. Come se il processo sinodale fosse prigioniero del metodo stesso.
Non voglio qui aprire un dibattito sul metodo sinodale di matrice gesuita: non ne ho le competenze e non lo conosco fino in fondo. Però se la percezione generale fosse questa, forse occorrerebbe provare qualche tentativo di integrazione e di discontinuità rispetto al metodo adottato.
Non solo. Chiacchierando, emergeva un’altra questione: al Sinodo ci sono poche teologhe e teologi. Fa pensare. Soprattutto ci riporta indietro di sessant’anni e possono emergere tanti ricordi: le presenze al Concilio dei vari Rahner, De Lubac, Schillebeeckx, Chenu, Danielou, Congar e si potrebbe andare avanti con altri grandi teologi del Novecento. Sicuramente a loro dobbiamo buona parte delle illuminanti e fondanti costituzioni conciliari: da Dei Verbum alla Lumen Gentium, dai feroci dibattiti alle rivoluzioni ecclesiologiche. E oggi? Se è vero che il Sinodo non è il Concilio, qual è il posto oggi della teologia? Lo deleghiamo alle fredde aule delle facoltà?
Al Concilio Vaticano II i teologi erano protagonisti. Ora sono quasi spariti
La teologia, senza alcuna presunta superiorità culturale, in fondo prova a dare voce alle istanze del popolo. Prova a fare sì che il grido, la protesta, l’indignazione si trasformino in proposte fattibili, teorizzabili, e dialoganti (anche in modo schietto, senza se e senza ma) con l’istituzione, senza paura di favorire tentativi pertinenti, coraggiosi, il più delle volte al limite del “canonico”. La teologia vive di controversie che non vanno intese solo come dibattiti tra specialisti ma come vere e proprie raffinerie delle prassi. La teologia porta vivacità, scontro e alla fine sintesi più o meno equilibrate. E oggi? Come si fa a fare un Sinodo senza teologia? Come si fa ad elaborare un metodo senza includere una disciplina come quella teologica che prova a fare sintesi?
Il rischio è che l’istituzione Chiesa si limiti ad accogliere certe rivendicazioni quando sono così evidenti che non servirà neanche più riconoscerle.
Serve una militanza pensata, radicale, non ideologica e lungimirante: benvenuta teologia!
1 Comment
Bravo Martino
Il merito al Sinodo e all’atteggiamento sindacale io come credente, ultimo tra gli ultimi, pur essendo parte di un’associazione che ha molto riflettuto sul tema offrendomi la possibilità di comprenderne molti aspetti, nella relazione del percorso dentro la chiesa ho la percezione prevalente di sentirmi ai margini, a dispetto di essere coinvolto nel percorso di riforma della CET e in altri contesti parrocchiali.