Papa Francesco. La malattia e una certa immagine di Chiesa

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Papa Francesco ha avuto altre crisi e la prognosi è sempre riservata.
La sua malattia non è solo un evento importante e, per molti, preoccupante.
E’ anche un evento che contribuisce a elaborare un’idea di Chiesa

Da papa Pacellia a papa Bergoglio, passando per papa Woytjla

Le notizie sulla malattia di papa Francesco rappresentano il punto di arrivo estremo se si prende come punto di partenza la malattia di Pio XII. Tra le malattie dei due papi c’è di mezzo un mondo: il mondo dell’informazione e il mondo della Chiesa, cambiato quello, cambiato, e moltissimo, questo. La malattia di papa Pacelli è stata avvolta da un mistero fitto. Non si sapeva nulla. Tanto che il mistero rese possibile la spregiudicatezza dell’”archiatra”, il medico responsabile, Galeazzi Lisi, che vendette ai giornali le foto dell’agonia del Pontefice, scattate proditoriamente al capezzale di Castelgandolfo. Poi sono arrivati gli altri pontefici, poi, soprattutto, è arrivato Woytjla con i suoi dieci ricoveri al policlinico Gemelli che hanno molto contribuito a rendere pubbliche le private malattie del pontefice.

La malattia e la vecchiaia messi in piazza

Papa Francesco è, se così si può dire, l’erede di questa “messa in piazza” della malattia e della vecchiaia di un papa.  La malattia non ha più segreti e non tanto per l’abilità dei giornalisti a scovare notizie, ma per la disponibilità del papa e, naturalmente, dei medici, a darle. Il papa personaggio pubblico rimane tale anche quando si ammala. Le reticenze che ancora ci sono non sono decisive per ricacciare nel privato l’evoluzione della malattia di Papa Francesco.

Se è evidente lo stile di chi dà le notizie, rimane molto vario lo stile chi le riceve. Si va dalla curiosità, più o meno diretta, alla preoccupazione e alla partecipazione affettiva di molta gente, soprattutto credenti. Si potrebbe dire che la malattia del papa contribuisce a ribadire gli atteggiamenti, dominanti e diversi, dell’opinione pubblica: da una laica “presa d’atto” di una presenza e di un evento, al senso, minoritario ma spesso molto forte, di appartenenza. La malattia del papa fa da acceleratore simbolico alla Chiesa e alla sua presenza nella società. 

Il corpo debole del Papa diventato protagonista

Da notare che il papa è comunque un papa vecchio e malato. Diventa protagonista non tanto il papa, ma il suo corpo e la sua malattia. Si sa delle crisi respiratorie, del sonno, del cibo, del vomito, della fisioterapia, delle medicine… E anche quando non si sa tutto, è possibile fare delle ragionevoli ipotesi sulla base delle notizie che si hanno. Questa situazione ha anch’essa le sue ricadute simboliche. Il papa viene svestito delle sue tonache bianche, e ancora più dei suoi vestiti liturgici e resta il suo corpo, debole e malato. 

Anche il Papa prima di essere un uomo di Chiesa è un uomo

Lo si ripete spesso che Chiesa e credenti, ancora prima di essere e Chiesa e credenti, sono gente di questo mondo, strutture storiche, uomini prima di essere uomini di Chiesa. Ma, come tutte le dottrine, anche questa fatica a passare. Si sa che è così, si fatica a sentire davvero che è così. L’evento della malattia del papa e la presenza quasi invasiva del suo corpo debilitato fa passare quella notizia molto più efficacemente di tutte le considerazioni teologiche. 

In futuro, forse, qualcuno potrà studiare come è stata elaborata l’idea di Chiesa in questa fase della sua storia. E forse si dovrà prendere atto che più delle pubblicazioni degli studiosi, più delle disposizioni dei vescovi e dei preti, hanno contribuito a elaborare quella idea i bollettini medici del policlinico Gemelli. 

1 Comment

  1. Bruno Felice DUINA ha detto:

    Caro don Alberto,
    molto interessante il tuo articolo sulla malattia del papa.
    Tu scrivi: «Il corpo debole del Papa diventato protagonista» e aggiungi «Diventa protagonista non tanto il papa, ma il suo corpo e la sua malattia. … . Questa situazione ha anch’essa le sue ricadute simboliche. Il papa viene svestito delle sue tonache bianche, e ancora più dei suoi vestiti liturgici e resta il suo corpo, debole e malato.»
    Mi pare che tu voglia evidenziare come la malattia porti ad una scissione tra il corpo simbolico del papa ben noto ed esposto ai fedeli nelle sue vesti liturgiche e il corpo di Bergoglio fragile e malato, di cui non si diffondono immagini.
    Come non pensare al fondamentale saggio (1957) di Ernest Kantorowitz “I due corpi del re. L’idea di regalità nella teologia politica medievale” dove lo studioso distingue la persona fisica del re, in quanto tale soggetta alla infermità e al peccato dalla “persona ficta” e dalla “dignitas” immateriale che conferisce lo splendore dell’autorità, la legittimazione stessa dello Stato e la sua personificazione e perciò incorruttibile.
    Ma questa scissione oltre un certo livello diventa dolorosa, inaccettabile per noi fedeli, perché la corruzione del corpo superato un certo limite compromette radicalmente il simbolo e le sue funzioni.
    Io credo sia per questo che le fonti di informazione vaticana sono costrette a sottolineare che il papa, seppure a ritmi assai ridotti, esplica pur sempre il suo ruolo di capo della Chiesa: ha nominato dei vescovi, ha convocato un concistoro, ha ricevuto il cardinale segretario di stato, anzi anche attraverso la malattia esercita il suo ministero sacerdotale testimoniando il Vangelo, la solidarietà con tutti i sofferenti e mostrando la presenza del volto amorevole di Cristo. Anche la corale, spontanea, preghiera per il papa di tantissimi fedeli in ogni parte del mondo diventa segno di comunione e unità della Chiesa.
    Ecco allora che discutere delle dimissioni del papa a causa della malattia invalidante diventa prima che inopportuno irriverente, perché significa infangare anzi disconoscere il simbolo, come se la funzione del papa fosse un incarico amministrativo che uno può permettersi di lasciare quando non se la sente più di proseguire. E infatti, come ha ricordato in una recente intervista il cardinale Stanislaw Dziwisz, citando Giovanni Paolo II di cui è stato per oltre quarant’anni segretario personale, “Dalla croce non si scende”. Il papa è vicario di Cristo anche nella sofferenza.
    Il simbolo è salvo, il buon pastore è presente: la Chiesa non è mai orfana.

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