Un nuovo modo di essere Chiesa: il sinodo

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Papa Francesco, 10 anni. Dossier/5
La sinodalità è «il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio».
Così si è espresso Papa Francesco
in occasione del 50o anniversario del Sinodo dei Vescovi.

Era il 17 ottobre del 2015. Affermazione netta che delinea una chiara prospettiva che interessa l’intero popolo di Dio e si pone definitivamente nella linea di attuazione di una delle «più preziose eredità» del Concilio Vaticano II. La scelta bergogliana non è una novità nell’ecclesiologia cattolica, ma lo è sicuramente avere posto la sinodalità come questione centrale per il futuro della chiesa. 

Una questione di stile

Dunque l’urgenza che la Chiesa è chiamata ad affrontare per far fronte alla profonda crisi che  almeno in occidente sta vivendo non è per Papa Francesco identificata in specifiche questioni, a cui sarebbe possibile far fronte introducendo delle adeguate riforme.

La priorità riguarda piuttosto la forma, lo stile che la Chiesa incarna,  il metodo secondo cui opera e in definitiva la sua missione. Certo poi il processo sinodale porterà sicuramente ad introdurre dei cambiamenti di ruoli, di funzioni, di prassi che ridisegneranno in parte la struttura della Chiesa, la ripartizione delle responsabilità e di conseguenza l’esercizio del potere al suo interno. Ma soprattutto cambierà il modo in cui la Chiesa comprende sé stessa. 

Il discorso ai fedeli della diocesi di Roma che Papa Francesco ha tenuto poco prima dell’avvio del Sinodo, a Settembre 2021, è un riferimento prezioso per rintracciare l’idea di Chiesa dalla quale il percorso sinodale ha preso le mosse. 

Questo itinerario (sinodale) è stato pensato come dinamismo di ascolto reciproco, condotto a tutti i livelli di Chiesa, coinvolgendo tutto il popolo di Dio. Il Cardinale vicario e i Vescovi ausiliari devono ascoltarsi, i preti devono ascoltarsi, i religiosi devono ascoltarsi, i laici devono ascoltarsi. Non è un’inchiesta, questa; ma si tratta di ascoltare lo Spirito Santo …. Si tratta di sentire la voce di Dio, cogliere la sua presenza, intercettare il suo passaggio e soffio di vita”. …. La parola “sinodo” contiene tutto quello che ci serve per capire: “camminare insieme”.

Per esplicitare questo concetto si rifà è quello che egli definisce come il più importante  manuale di ecclesiologia; il libro degli Atti degli Apostoli.

“Il libro degli Atti  parla di una storia in cui camminano insieme la Parola di Dio e le persone che a quella Parola rivolgono l’attenzione e fede. In esso tutti sono protagonisti, nessuno può essere considerato semplice comparsa. … I ministeri, allora, erano ancora considerati autentici servizi. E l’autorità nasceva dall’ascolto della voce di Dio e della gente – mai separarli –. ….. Ma quella storia non è in movimento soltanto per i luoghi geografici che attraversa. Esprime una continua inquietudine interiore: questa è una parola chiave, la inquietudine interiore. …. Quella storia ci insegna che stare fermi non può essere una buona condizione per la Chiesa (cfr Evangelii gaudium, 23). E il movimento è conseguenza della docilità allo Spirito Santo, che è il regista di questa storia in cui tutti sono protagonisti inquieti, mai fermi.”

Una Chiesa in cui l’autorità nasce dall’ascolto della voce di Dio e della gente e affinché questa voce parli è necessario darle spazio, luoghi in cui possa pronunciarsi e che evidentemente ora sono carenti o disattesi.

Da qui la prima esigenza del percorso sinodale, quella dell’ascolto di tutti e fra tutti a partire dai vescovi per arrivare agli ultimi, perché tutti devono essere protagonisti e nessuno comparsa. L’attenzione ripetuta, insistita per ascoltare anche a chi sta ai margini della Chiesa, ai poveri, alle voci scomode, ha una motivazione essenziale: 

Tornando al processo sinodale, la fase diocesana è molto importante, perché realizza l’ascolto della totalità dei battezzati, soggetto del sensus fidei infallibile in credendo. 

Ascoltare tutti. Anche chi sta “fuori”

Da tempo insisteva sull’importanza di aprire porte e finestre, abbattere muri, liberare confini. A non prendere in considerazione solo chi frequenta o la pensa come noi e questo non  tanto per un senso di fratellanza con tutti ma più radicalmente per poter essere “…. discepoli dello Spirito Santo, che fa scoprire loro la geografia della salvezza divina. Non abbiate paura di entrare in dialogo e lasciatevi sconvolgere dal dialogo: è il dialogo della salvezza.”.

Dal dialogo può emergere quel “sensu fidei” che, come indicato nella Lumen Gentium (34-35), qualifica tutti nella dignità della funzione profetica di Gesù Cristo così da poter discernere quali sono le vie del Vangelo nel presente. È quello che il Papa chiama “il fiuto” delle pecore”, che legittima tutti perchè nella storia della salvezza tutti siamo pecore rispetto al Pastore che è il Signore.

Con voi sono pecora, per voi sono pastore.  Questi due aspetti, personale ed ecclesiale, sono inseparabili” .

Inquietudine interiore

Un altro elemento ispiratore della spinta alla sinodalità è l’inquietudine interiore.

Ma quella storia non è in movimento soltanto per i luoghi geografici che attraversa. Esprime una continua inquietudine interiore: questa è una parola chiave, la inquietudine interiore. …. Quella storia ci insegna che stare fermi non può essere una buona condizione per la Chiesa (cfr Evangelii gaudium, 23). E il movimento è conseguenza della docilità allo Spirito Santo, che è il regista di questa storia in cui tutti sono protagonisti inquieti, mai fermi.”

L’inquietudine interiore deve essere l’habitus del cristiano del nuovo millennio. Con un’espressione particolarmente felice Papa Francesco ci invita a interrogare la Rivelazione secondo una “ermeneutica pellegrina” che sa custodire il cammino della Chiesa iniziato con i primi apostoli. Per citare ancora le sue parole:

Io domando a voi: “Prima di incominciare questo cammino sinodale, a che cosa siete più inclini: a custodire le ceneri della Chiesa, cioè della vostra associazione, del vostro gruppo, o a custodire il fuoco”.

Ho provato a dare solo alcuni riferimenti , ma sarebbe richiesta una analisi sicuramente più ampia e articolata dell’ecclesiologia di Papa Francesco che ha ispirato l’iniziativa sinodale.  Ho lasciato parlare soprattutto le sue parole.

Finita la Chiesa che detta verità, riti e regole

Provo ad avanzare anche una valutazione personale sull’immagine di Chiesa che sottende all’ispirazione del sinodo sulla “sinodalità”. Esso rappresenta un passaggio centrale nella ricerca di una risposta a come dovrà essere la Chiesa perché il Vangelo possa essere testimoniato domani, in questo mondo, perché riesca a dare corpo (di Cristo) alla Parola che si dice nella storia, che vuole essere salvezza per l’uomo, per quell’uomo a cui oggi fa tanta fatica a trasmettere il suo senso.

Ravviso in Papa Francesco, fin dall’inizio del suo pontificato, il superamento di un’idea di Chiesa intesa in prima istanza come l’istituzione religiosa che stabilisce autorevolmente, gerarchicamente, le verità, i riti, le regole che ci permettono di partecipare al divino e in tal modo pongono una distanza, una separazione tra il sacro e il credente.

Concezione che mi sembra comunque ancora molto presente, nella pratica, del modo di intendere il rapporto  con il Dio di Gesù.  E’ in questo senso leggo la sua denuncia del pericolo del clericalismo:

Il cristianesimo deve essere sempre umano, umanizzante, riconciliare differenze e distanze trasformandole in familiarità, in prossimità. Uno dei mali della Chiesa, anzi una perversione, è questo clericalismo che stacca il prete, il Vescovo dalla gente. Il Vescovo e il prete staccato dalla gente è un funzionario, non è un pastore”.

Il metodo sinodale intende riscoprire  la centralità del popolo di Dio, dei battezzati che camminano nella storia, delle comunità di cristiani disseminate nel mondo, di coloro che attraverso processi di umanizzazione seguono la via di Gesù. Una  via che mette i cristiani nel cuore della storia, luogo della rivelazione, luogo del sacro. Come diceva ancora ai fedeli della diocesi di Roma:

Bisogna sentirsi parte di un unico grande popolo destinatario delle divine promesse, aperte a un futuro che attende che ognuno possa partecipare al banchetto preparato da Dio per tutti i popoli (cfr Is 25,6).”

Da questo si coglie l’enorme portata che il processo sinodale può mettere in atto. Probabilmente non porterà a modificare il magistero riguardo al celibato sacerdotale o al sacerdozio femminile o ad altre questioni scottanti (e importanti) sollevate ad esempio dal sinodo della Chiesa in Germania. Potrebbe però portare ad un cambiamento ancora più profondo, ad una maggiore consapevolezza che in Gesù il banchetto preparato da Dio è dislocato dal cielo alla terra.

Questione che preoccupa alcuni e che suscita speranza in molti altri. 

Rocchetti
Carrara
Carrara
Varinelli

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