“Per un’altra strada”. Epifania. I Magi e noi

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“Per un’altra strada”. Epifania. I Magi e noi

L’episodio dell’adorazione  dei Magi, che ci viene tramandato da Matteo, termina così:
“Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, fecero ritorno al loro paese, per un’altra strada” (Mt 2,12)

Si tratta di un piccolo misterioso gruppo di sapienti pagani che, dall’Oriente, al seguito della stella, si muovono per incontrare il Bambino, il “re dei Giudei”. Si prostrano fino a terra davanti a colui che intravedono più grande di Salomone e offrono i loro ricchi doni, felici di poter tornare alle loro terre per parlare di quell’astro splendente mandato agli uomini da Dio.

Ma vengono invitati a seguire “un’altra strada”.

Una strada diversa da percorrere

Subito, fin dall’inizio, il Vangelo ci introduce in un tema che sarà fondamentale: c’è una strada diversa da percorrere.

Lo stesso Gesù, poco dopo la nascita, viene portato in Egitto, in seguito alla visione dell’angelo apparso a Giuseppe. Ha dovuto cambiare direzione, non quella del palazzo di Erode e neppure quella che conduce ai sacrifici e agli incensi del tempio di Gerusalemme. Ha dovuto prendere la strada dei fuggiaschi, degli esuli, dei perseguitati di tutti i tempi.

E’ l’itinerario di chi lascia ciò che è noto, ciò che fino a ieri è stato rassicurante, familiare, per affrontare l’ignoto, l’incerto, lontano da tutto quello che è stato sedimentato dalle esperienze passate e dall’odore di casa.

Le strade inconsuete del Vangelo

Così sono le strade del Vangelo. Sono strade inconsuete.  Non quelle della “sapienza di questo mondo”, ma quelle attraversate dagli umili. Prima di tutto le strade di Nazaret, gli oscuri maleodoranti vicoletti di terra battuta e sassi, abitati da gente che non conta, invisibile al potere. E’ la gente che si guadagna la vita giorno per giorno, gente che, come la maggior parte dell’umanità, non lascia traccia di sé. Ma non sfugge agli occhi di Dio.

E proprio qui, in questa sconosciuta borgata ai margini dell’impero, vive per trent’anni Gesù, bambino, adolescente, uomo, in tutto simile agli altri.

E più tardi, dalla Galilea alla Samaria alla Giudea, egli sarà sempre in cammino di “villaggio in villaggio”, infaticabile.

Tante strade, attraversate dagli uomini e dalle donne di sempre. C’è la strada in cui Gesù incontra i primi discepoli chiamandoli  perché stiano con lui, la strada della festa di Cana. C’è poi  la strada dei bambini e quella dei gigli dei campi, la strada della samaritana e quella della donna adultera. E poi ancora la strada  dei lebbrosi, dei ciechi e degli storpi, la strada degli amici di Betania e quella a Gerico presso la casa di Zaccheo, per arrivare infine a Gerusalemme a percorrere la via del Calvario.

La strada di ritorno dei due di Emmaus

Gesù esce dai sentieri battuti, supera le barriere dei pregiudizi, apre orizzonti nuovi mentre si fa viandante con quelli che incontra e si unisce ai compagni di Emmaus. Con questi condivide la parola e il pane facendoli passare dalla delusione alla speranza, dal non senso a ciò che dà senso a tutto.

Ora i due pellegrini tornano indietro, abbandonano la strada di prima, intraprendono un nuovo cammino per partecipare agli Undici la gioia di aver incontrato il Risorto.

E’ il cammino di chi si accorge che quello che c’era finora è sterile, imbalsamato, non ha vita. Decide allora di dirigersi, nomade pellegrino, verso un nuovo orizzonte, stanco di rifugi obsoleti, di nicchie troppo protette, di luoghi asfittici, per “un’altra strada”, libero, per incontrare il Signore e rimanere con Lui.

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