Non ero una cima al Liceo. Andavo bene in Matematica, ma nelle altre materie dovevo studiare più dei miei compagni per essere alla pari con loro. I professori dicevano: “Merita, perché si impegna”. Era la forza di volontà che mi sosteneva. E’ stata la caratteristica della mia vita
Non ho un buon ricordo dei tempi del Liceo. Fu però il tempo delle amicizie, che durano ancora oggi.
Con le ragazze ero un classico imbranato: ci provavo, ma venivo regolarmente respinto. Soffrivo di un complesso di inferiorità: forse era questo che mi inibiva.
Poi un giorno il mio più caro amico, che mi raccontava tutte le sue esperienze amorose, mi disse: ”Vai a trovare Vittoria”. Nel frattempo lui frequentava un’altra ragazza, non aveva i miei problemi.
Fu lei che mi diede il primo bacio: io non avrei mai osato. Poi l’ho sposata.
Vittoria ha avuto un ruolo molto importante: lei, che era tra le ragazze più attraenti e affascinanti, aveva scelto me! Questa è stata ed è tuttora l’esperienza più importante della mia vita: mi ha dato fiducia in me stesso e ha tracciato il mio futuro. Avevo capito la mia missione nella vita. L’amavo da prima che la conoscessi: era lei la donna che avevo desiderato da sempre. Con lei al mio fianco, sapevo quel che volevo e che dovevo fare. La sua presenza, non sempre facile, era comunque per me lo sprone a continuare, a lottare, passo dopo passo, traguardo dopo traguardo.
La prima scelta importante fu quella di rinunciare alla carriera universitaria: mi ero laureato in Chimica Industriale con 110: la mia passione era l’Elettrochimica.
Avevo trovato un posto di assistente presso questo dipartimento, quando mio padre mi offerse, se volevo, di prendere in mano i lubrificanti, ramo secondario della sua azienda, l’ “Alfa Petroli – Tutti i derivati del petrolio”, che aveva venduto ad una compagnia petrolifera americana proprio al termine del mio corso di studi.
Accettai, ma ad una condizione: che io fossi l’Amministratore Unico della nuova azienda, costituita allo scopo, la Petroli Bellini. Avevo 26 anni: il mio desiderio più grande era di sposare Vittoria, di mettere su famiglia con lei, sganciandomi da quella di origine. Fu la prima tappa della mia missione, che iniziava contemporaneamente con la mia famiglia e con il mio lavoro.
Fu molto dura costruire una nuova azienda, ma era esaltante avendo Vittoria al mio fianco.
Pochi mesi dopo l’avviamento della nuova azienda, una bella mattina, verso le ore 8.30, una ventina di militari della Polizia Tributaria, comandati da un maggiore della Guardia di Finanza, si presenta nella vecchia azienda di via B .Bono, 15. “Tutti fermi! Gli impiegati, via le mani dalle scrivanie, gli operai mettano a terra tutti gli strumenti di lavoro!” Cercavano la documentazione della Alfa Petroli, che nel frattempo era stata venduta ed aveva trasferito la sua sede presso lo studio del commercialista.
Se ne andarono, ma trovarono in seguito la scusa per mettere mio padre sotto processo. Tuttavia la montagna di carte, analizzate in modo sommario, ne dimostravano l’innocenza. Fu così che il giudice, presidente del tribunale, incarico’ un maresciallo di andare a verificare la documentazione archiviata presso gli scantinati dell’UTF, Ufficio Tecnico di Finanza, oggi Agenzia delle Dogane.
Questo maresciallo, sulla trentina, venne da me, che avevo allora 26 anni, proponendomi la dazione di un milione di lire in cambio della sua dichiarazione di non essere stato in grado di reperire la documentazione richiesta “per la presenza di topi e di faldoni marcescenti nell’archivio dell’UTF”. Rimasi allibito: “No!” gli risposi, “lei deve assolutamente trovare quella documentazione, che dimostrerà l’assoluta innocenza di mio padre! La trovi, e le darò in cambio la somma richiesta.” Insomma, dovetti dare al maresciallo una somma per fargli fare il suo dovere: vera e propria concussione.
A seguito del ritrovamento della documentazione richiesta dal presidente del Tribunale, mio padre venne assolto con formula piena, per di più su richiesta del Pubblico Ministero. Tuttavia quel fatto mi fece capire molte cose circa l’ambiente nel quale mi ero trovato ad operare.
La precisione e la correttezza dell’archiviazione delle carte era fondamentale per evitare di cadere in situazioni simili a quella descritta.
Ero esasperante nei confronti delle mie impiegate, quasi maniacale: la precisione doveva essere assoluta.
Qualcuna piangeva all’inizio del rapporto di lavoro, qualcuna abbandonò il lavoro proposto. Io dicevo loro: “Non c’è niente di personale, ma in questa azienda si esige la massima precisione.”
Molte delle “ragazze”, ancora presenti in azienda dopo 30 o più anni, spose e madri con più figli, ora mi ringraziano: riconoscono che ero esigente, ma che avevo insegnato loro a lavorare con professionalità e competenza e soprattutto con il massimo rispetto personale.
Ora che sono in pensione, tornando in azienda, mi sento sempre circondato da riconoscenza ed affetto, fino alla commozione: ciò mi inorgoglisce e ancora una volta mi fa capire a quale missione inconsapevolmente ero stato chiamato.