Tre sorelle nella Resistenza

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Tre donne, le sorelle Coggiola.
Forti oppositrici della dittatura fascista.
Donne di cultura, dotate di acuta e bonaria ironia

E’ passato da poco il 25 aprile, anniversario della Liberazione, data ricca di significato e di ricordi legati a illustri personaggi della nostra Resistenza.

Libertà di pensiero, rettitudine, semplicità

Ma ci sono anche  figure più modeste eppure altrettanto importanti, come le sorelle Coggiola (Emma, Amalia, Iginia e Dora), alle quali è stata recentemente dedicata una via nella nostra città, e precisamente dalla rotonda di via Polaresco all’intersezione con via Lolli, nel quartiere di Longuelo. Sarebbe piaciuta loro, questa piccola strada senza pretese, in una zona verde e tranquilla. La nuova via è stata poi arricchita da un murales, che riproduce una caricatura realizzata dalla stessa Iginia e che rappresenta lei, Dora e Emma (Amalia, l’unica sposata, ha vissuto soprattutto a Milano). Una scritta infine ammonisce: “L’ironia è la dignità di una donna libera”. Parole migliori non avrebbero potuto definire le tre sorelle, secondo me.

Una via è stata dedicata alle sorelle Coggiola nel quartiere di Longuelo

Prendendo a prestito il titolo di un film di successo di molti anni fa, posso dire infatti che io “le conoscevo  bene”: amiche  dei miei e per tanti anni vicine di casa, le  sorelle Coggiola resteranno per me sempre un esempio di libertà di pensiero, rettitudine, semplicità, di bonaria e insieme acuta ironia, intelligenza e grande simpatia. 

Tre zitellone coltissime  e dall’animo schivo, profondamente onesto, ma anche ingenuo come quello dei veri “grandi”, insomma con un “fanciullino” nel cuore, per dirla con Pascoli.

Colte e antifasciste convinte

Antifasciste convinte, già nel 1943 la Emma, con alcune altre audaci donne bergamasche, riuscì a trasformare la cerimonia del 4 novembre presso la Torre dei Caduti in una protesta nata dal basso, usando come arma… mazzi di crisantemi!

Le sorelle presero poi parte alla Resistenza con attività di supporto, ben descritte nel 1952 nel libro “Umili e frammentarie pagine della Resistenza in Bergamo” ad opera della stessa Emma, la “scrittrice” di famiglia, insegnante di filosofia.

Conoscevano le nostre montagne: le avevano percorse per portare viveri ai Partigiani

Alte, lunghe, secche, segaligne, sguardo candido e pulito, parevano proprio scolpite nel legno, asciutte, forti e fidate e sicure come le nostre montagne, che tanto amavano e che conoscevano fin nei sentieri più riposti, per averle battute in lungo e in largo, con l’agilità delle capre e dei camosci, cariche di viveri e provviste per i Partigiani.

Io però le ho conosciute nel secondo dopoguerra, ormai in pensione dall’insegnamento le prime due, ancora bibliotecaria, la più giovane, Dora (devo a lei la mia laurea, al suo aiuto con libri e riviste letterarie, perché, incinta e con la minaccia di aborto, non potevo andare in biblioteca e ancora non c’erano i computer e internet). 

Sono stata quindi testimone della loro quotidianità, modesta e semplice, della vita che si erano costruite e che le appagava completamente, fatta di musica classica, di letture, di amore per la natura, ma quella “alla buona”della campagna e delle nostre valli, e per cani, gatti e galline.

Cani, gatti, galline. E Garibaldi

Pur trattandosi  in modo ruvido, spiccio, senza smancerie di sorta e ricorrendo molto spesso al bergamasco, parlato con vero gusto, si volevano un bene dell’anima, condito da ironia e bonarie prese in giro reciproche, mentre riversavano le cure più tenere sulla vecchissima mamma, campata fin oltre i 100 anni, innamorata di Garibaldi, eroe della sua infanzia, e abituata ad addormentarsi cullata dalle pagine del “Cuore”, lette  da una delle figlie.

Intere generazioni di gatti si sono succedute in casa Coggiola, mentre ricordo un cagnetto vivacissimo e vero “tombeur de femmes”, le cui prodezze amatorie le proprietarie raccontavano con orgoglio misto a un po’ di imbarazzo, quasi fossero una sorta di vecchie zie benpensanti e conformiste, ma in fondo indulgenti e comprensive.

La più giovane, Dora, aveva lavorato a lungo nella biblioteca Angelo Maj

Ma sono le galline gli animali che più mi hanno incuriosito negli anni.

Ogni estate le tre sorelle andavano in una loro casetta, semplice e spartana, nella campagna bergamasca e qui la Emma comprava 6 o 7 galline in un allevamento, sottraendole così a una condizione di vita crudele e contro natura. Le curava amorevolmente e ne era ricompensata con la ripresa del canto, con un piumaggio divenuto lucente, e con la produzione di uova. Ma al termine della villeggiatura le galline così risanate venivano regalate ai contadini del posto e la Emma sosteneva convinta che al suo ritorno l’estate successiva e anche a distanza di anni, quelle galline beneficate la riconoscevano e correvano a salutarla!

Testimoni di un tempo che non c’è più e di una filosofia di vita semplice, eppure straordinariamente ricca e profonda, le tre sorelle Coggiola se ne sono andate molto anziane, tranne la più giovane, Dora, candida e mite, assurdamente destinata a morire prima delle altre. A lei è stata dedicata un’aula della Biblioteca Maj, dove aveva  lavorato per tanti anni.

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