Il Natale la pace le armi. Solo Avvenire e l’Osservatore Romano hanno dato rilievo alla notizia. E questo è davvero un segno dei tempi che racconta, più di molte altre notazioni, lo stato di salute dell’informazione nel nostro Paese. E la notizia è questa: la pandemia non ferma l’industria bellica.
I due quotidiani riportano un dato che emerge da uno studio del Sipri (Stockholm International Peace Research Institute). Il Sipri riferisce che nel 2020 il fatturato dei cento maggiori gruppi mondiali che si occupano di difesa è aumentato dell’1,3 per cento. Il fatturato più consistente è stato registrato dalle aziende americane, confermando un trend positivo per i colossi Usa quali la Lockheed- Martin e la Raytheon Technologies.
Per quel che riguarda il Vecchio Continente, la britannica Bae Systems figura al sesto posto nella classifica. Secondo i dati dell’Istituto di Stoccolma, l’onda lunga dell’incremento vendite parte dal 2015 e da allora non ha conosciuto battute d’arresto.
Nel frattempo, sono usciti anche i dati dell’Italia. Che danno molto da pensare. E’ stato superato il muro dei 25 miliardi nel budget per la Difesa con un aumento del 3,4% rispetto al 2021 e un balzo di quasi il 20% in tre anni. Un miliardo in più per l’acquisto di nuovi armamenti: 8,27 miliardi complessivi (record storico). Anche per il bilancio previsionale dello Stato per il 2022 continua la robusta crescita del budget per il ministero della Difesa e della spesa militare complessiva.
Le discussioni sui fondi in discussione in Parlamento non intervengono dunque su decisioni di spesa derivanti dal passato (in particolare dai fondi pluriennali di investimento, destinati in grande misura alla Difesa). Dono decisioni che mettono a disposizione del comparto militare circa 850 milioni di euro in più.
Come rileva un comunicato di Pax Christi,
l’aumento per l’anno 2022 ancora una volta netto e rilevante viene trainato dal bilancio proprio del ministero della Difesa che sfiora complessivamente i 26 miliardi di euro (25.935 milioni per la precisione) con una crescita di 1.352 milioni di euro (+5,4% rispetto al 2021).
Le voci interne del Bilancio della Difesa vedono aumenti tra i 150 e i 200 milioni di euro per Marina Militare e Carabinieri, una flessione di 90 milioni per l’Aeronautica Militare e una sostanziale conferma del budget per l’Esercito. Ben più robusto l’aumento di stanziamento per i capitoli complessivamente afferenti a Stato Maggiore e Segretariato generale della Difesa (insieme agli uffici politici e di bilancio). Si tratta di circa un miliardo e duecento milioni di euro in crescita determinati soprattutto da stanziamenti per il procurement di nuovi sistemi d’armamento.
Lo sappiamo: la pace non è solo uno slogan da gridare o da esibire nelle situazioni di circostanza. Va sostanziata, con rigore e competenza, dentro i sentieri impervi dell’economia, della cultura e della politica. Gli unici che possono rendere credibile ogni necessario sogno di pace.
Eppure non va persa la visione, non va perso il sogno di un mondo in cui la guerra sia bandita per sempre e le armi siano un residuo di un tempo da lasciare definitivamente alle spalle.
Nei prossimi giorni sentiremo risuonare l’annuncio di pace “agli uomini che Egli ama”.
Riusciremo a dargli concretezza oppure sarà soltanto una parola come tante altre? La pace, prima dono del Signore Risorto, è davvero un imperativo per i cristiani che affolleranno le liturgie di Natale?