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Venerdì Santo. Mark Wallinger. Ecce Homo

Venerdì santo, giorno di Passione e di morte.
Gesù davanti a Pilato. Un’opera moderna per l’uomo di oggi.
“Ha compiuto tutto il cammino che l’uomo può fare verso Dio, in Dio, per arrivare a quest’ora e per amare così”

Un’immagine urtante, a Londra, Trafalgar Square

Negli ultimi anni del secolo scorso, l’artista inglese Mark Wallinger viene incaricato di realizzare una scultura permanente in Trafalgar Square a Londra. Nel passaggio del millennio la sua è la prima opera ad essere collocata sul quarto plinto della piazza, rimasto vuoto per oltre 150 anni.

La figura di un perseguitato legato rappresentava una presenza provocatoria nel suo contrasto con altre statue presenti nella piazza, in pietra e in bronzo, che simboleggiano i valori patriottici e i principi di una nazione. 

Solo la corona di filo spinato, d’oro, identifica l’uomo come Cristo.

Ecce Homo rappresenta Gesù Cristo a grandezza naturale; è una scultura in resina ottenuta dal calco di un individuo e, pur simulando compiutamente il marmo, possiede una magica verosimiglianza, che coinvolge e interroga chi l’avvicina.

Trafalgar Square è il posto delle grandi riunioni del popolo – o meglio, della massa – è il posto delle celebrazioni e, nel passato, delle esecuzioni pubbliche.

All’artista è sembrato dunque appropriato collocarvi Gesù nel momento in cui Pilato lo lascia nelle mani della “giustizia” popolare. Quest’uomo è rappresentato come un prigioniero con le mani legate, i capelli rasati, gli occhi chiusi.  Sorprende il suo aspetto composto e calmo: mite, vulnerabile, quasi remoto, si affaccia nuovamente dal balcone di Pilato, esposto perché la folla risponda alla domanda: “lui o Barabba?”. Silenzioso, attende la risposta che già conosce.

L’opera di Wallinger non è rimasta in Trafalgar Square (altri artisti hanno poi occupato con i loro lavori, negli anni, lo stesso basamento). Ecce Homo è stato poi esposto in cima alla scalinata della St. Paul’s Cathedral, nella sala principale del padiglione inglese alla Biennale di Venezia, al Centro Pecci di Prato e qualche tempo fa all’Hangar Bicocca di Milano: non più su di un piedistallo, stava comunemente sul pavimento, isolato, girato di schiena rispetto all’ingresso dell’enorme salone semibuio e completamente vuoto.

Collocazioni che consentivano sempre ai visitatori di avvicinarsi in assoluta prossimità, alla sua stessa altezza, confrontandosi con questa presenza che turba e sconcerta, obbligati a cercare e decidere la propria relazione e risposta di fronte ad essa. Forse dovremmo dire, davanti a lui: “Voi chi dite che io sia?”

Mark Wallinger. Ecce Homo

Con gli occhi chiusi, davanti a Dio

Torno alle drammatiche pagine del Vangelo e penso a quest’uomo che sta ad occhi chiusi davanti alla morte, alle grida della gente che lo schernisce, lo condanna e non capisce. È questa folla in realtà che non sa vedere. 

“Ecco l’uomo”. Confronto la sua immagine con quella che trovo in me stesso e tante volte negli altri: un’umanità smarrita, sofferente, alla quale il mondo pare ostile e irridente, un uomo scoraggiato e incredulo, che cerca di nascondere i segni della morte su di sé, intorno a sé. La corona d’oro di questo condannato ci appare vera proprio perché di spine.

Ma le sue palpebre chiuse suggeriscono altro. La fede e il significato che riusciamo ad attribuire alle cose non vengono mai dalla semplice evidenza di ciò che vediamo, dentro questa vita avvilita o nell’insostenibile prova. 

Egli, ad occhi chiusi, sta soprattutto davanti a Dio: misteriosamente già lontano, ripensa e raccoglie interiormente il suo viaggio, con la sua indescrivibile meraviglia e il suo acuto, angoscioso dolore: ha compiuto tutto il cammino che l’uomo può fare verso Dio, in Dio, per arrivare a quest’ora e per amare così. 

E mentre è ancora il giorno del nostro peccato e della nostra cecità torniamo qui perché sia lui ad aprirci gli occhi per riconoscere l’uomo: divino, compiuto, eterno.

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