Il suo desiderio è che questa ricorrenza “possa far crescere la familiarità con la Scrittura”, passaggio indispensabile per dar ragione a un consapevole itinerario di fede.
Paolo agli anziani di Efeso, nel momento in cui si commiata da loro partendo per Gerusalemme, sapendo che non li vedrà più, dice: “Ed ora vi affido a Dio e alla parola della sua grazia” (At 20, 32).
Il Vaticano II usa proprio questo testo nella Dei Verbum (Il documento del Vaticano II sulla Bibbia) per sottolineare l’efficacia della Parola e la sua preminenza rispetto alla Chiesa.
Non la chiesa padrona della Parola, ma umile strumento in un cammino di discernimento della volontà di Dio
Realmente l’espressione riportata dagli Atti appare paradossale perché Paolo non affida la Parola agli anziani (la chiesa), ma affida loro alla Parola. È la potenza della parola della grazia che ha in sé il potere di “edificare e procurare l’eredità”, cioè la salvezza.
Quindi, non la chiesa padrona della Parola, ma umile strumento in un cammino di discernimento della volontà di Dio.
Accostiamoci ad essa con “timore e tremore”, mettendo a nudo la nostra strutturale miseria, perché la Parola sempre ci supera, con una puntuale attenzione al testo biblico, alla sua struttura, alla sua interiore organicità, alla sua realtà insieme storica e meta-storica, alla sua immanente santità.
Ma cos’è la Parola?
È il modo in cui Dio entra nella storia e si relaziona con le sue creature.
“Lampada ai miei passi, luce sul mio cammino” (Sal 119, 105).
In principio era la Parola
Così inizia il IV Vangelo con questo solenne portale di ingresso.
Parola, Dabar, Logos,Verbum, nel suo denso significato di rivelazione, di vita, di verità.
La Parola, ancor prima della creazione, è colei che rompe il silenzio, ricompone il caos, vince le tenebre, e prende dimora in mezzo a noi
La Parola, ancor prima della creazione, è colei che rompe il silenzio, ricompone il caos, vince le tenebre, e prende dimora in mezzo a noi.
Tutto accade per mezzo di lei.
È Parola che crea, fa, agisce, archetipo di tutto quanto avviene e avverrà.
Dall’arché iniziale, a-temporale, dalla relazione con Dio, la Parola entra dentro le coordinate storico-geografiche di ogni tempo diventando res, cosa, vita, pensiero, azione, fino a farsi sarx, carne, nel grembo di Maria.
Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi
“Carne”: debole, fragile, limitata, impotente (Bonoeffer), per condividere in tutto la nostra condizione.
La potenza dell’impotenza!
Ma da questa “impotenza” noi abbiamo ricevuto “grazia su grazia”, la vita in pienezza.
L’ascolto è la fonte della nostra fede.
La preghiera di ogni pio ebreo inizia con “Ascolta Israele!”
Fides ex auditu (Rom 10, 17)
Abbiamo bisogno tanto dell’arte di saper dire la Parola, quanto dell’arte di ascoltare, che allontani i “disturbi di apprendimento”. Altrimenti la Parola è sterile, non comunica più. Non serve.
Il papa dedica ampio spazio, tanto nell'”Aperuit Illis” quanto nell’ “Evangelii gaudium“, alla trasmissione della Parola soprattutto durante la celebrazione eucaristica.
È il momento dell’omelia in cui il celebrante cala la Parola in un preciso contesto, la sua comunità, non a un generico consesso di uditori”. Questo è importante, la premessa di ogni sana comunicazione.
L’omelia- scrive il papa- è parte integrante della celebrazione. Non un momento a sé stante, né un momento di relax, e nemmeno un momento per combattere le proprie battaglie o per esporre i propri intelligenti punti di vista (Evangelii gaudium n. 132).
Ma soprattutto il papa richiama la necessità dello studio della Parola, dentro una familiarità con la Scrittura coltivata nel tempo. Niente si improvvisa.
Per questo occorre grande attenzione, addirittura “meticolosità”, nella preparazione dell’omelia dedicandole tempo, intelligenza, passione dentro un clima di preghiera, perché non si può ridurre a un fatto intellettuale.
“Un predicatore che non si prepara è disonesto e irresponsabile” (Evangelii gaudium n. 145).
Bisogna soffermarsi sulla Parola, sostare a lungo con lei, per arrivare al “senso profondo”,quello che poi deve essere comunicato, e non manipolarla per farle dire cose che vogliamo dicesse, ma che non dice.
Non solo. “La preparazione alla predicazione richiede amore con l’entusiasmo di chi si prepara per un appuntamento amoroso”.
Allora la Parola proclamata nello Spirito di Cristo, si fa sacramento, segno di una vita rinnovata.