
La straordinaria “trovata” di Gesù nel vangelo di oggi ci dice due cose, tra le altre. La prima riguarda alcuni simbolismi elementari della violenza umana. Scribi e farisei fanno cerchio attorno alla donna. È la situazione tipica di chi fa un’accusa: gli accusatori attorno, l’accusata al centro. Ma è la situazione che presuppone come scontata la situazione di partenza: gli accusatori sono innocenti e l’accusata è colpevole. La situazione scontata all’inizio porta alla soluzione scontata alla fine: la donna deve essere lapidata. Con un particolare inquietante: chi getta la prima pietra è particolare decisivo, perché il primo che lancia la pietra è colui che “dà il là” alla violenza. Dopo che lui ha lanciato anche gli altri si sentono autorizzati a lanciare. La violenza del primo chiama la violenza degli altri. La violenza è fortemente imitativa.
Gesù, da parte sua, non dice che la donna è innocente. Dice, invece, che anche gli accusatori sono colpevoli. Quello che Gesù dice quel giorno è uno straordinario insegnamento. È come se Gesù ci dicesse: non impostate i vostri rapporti con gli altri partendo dall’accusa. È un sistema pericoloso, molto pericoloso. Infatti. Io accuso te di essere colpevole. Ma anch’io sono colpevole e quindi anche tu puoi accusare me. E posso accurare quell’altro e quell’altro ancora e questi possono accusare me e accusarsi tra di loro. E così, indefinitamente. La colpevolezza è di tutti e quindi tutti possono accusare tutti. È la violenza generalizzata.
Non è difficile trovare applicazioni a questa prima indicazione. Soltanto un particolare: nei talk show televisivi, su internet, la tendenza non è l’ascolto dell’altro per rispondere, ma è a gridare in modo tale da non farlo parlare. Trionfa non la ricerca della verità, ma la ricerca spasmodica dell’accusa: non interessa la ragione dell’altro, ma la mia, non la verità per tutti, appunto, ma l’accusa verso l’altro.
Gesù non si limita a metterci in guardia dalla mania di accusare. Ci suggerisce anche un’alternativa. Sei colpevole. Fai in modo di liberarti dalla colpa. Chiedi il perdono, e chiedilo al Signore che te lo può concedere. E poi, una volta perdonato, concedi, anche tu a tua volta, il perdono ai fratelli. Insomma: si tratta di rimpiazzare il contagio malato dell’accusa con il contagio salutare del perdono. Posso essere perdonato. Ho la possibilità di rinascere. Come il figliol prodigo di domenica scorsa che è tornato di nuovo ad essere figlio, è rinato. Così la donna di oggi.
Che meraviglia, questa scena. “Sono rimasti la misera e la misericordia”. La misericordia libera la misera dalla sua miseria e le chiede di continuare a essere libera.