Il puro, l’impuro e il cuore dell’uomo

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Il puro, l’impuro e il cuore dell’uomo

Alba su Gerusalemme e la spianata del Tempio


Spunti di riflessione sul vangelo di domenica 1 settembre,  ventiduesima del Tempo Ordinario “B”. 
Il Vangelo è Marco 7, 1-8.14-15.21-23.
Per leggere i testi liturgici clicca qui

Gesù sta annunciando la “bella notizia” in Galilea. Quello che dice e quello che fa suscita obiezioni. I tutori dell’ortodossia sono soprattutto i farisei e gli scribi. I farisei sono gli scrupolosi osservanti della Legge. Gli scribi sono gli studiosi della bibbia: vengono da Gerusalemme e quindi hanno, con tutta probabilità, una funzione ispettiva circa l’ortodossia religiosa di Gesù e dei suoi seguaci.  Accusano i discepoli di Gesù e indirettamente Gesù stesso di non osservare le leggi rigorose che stabiliscono ciò che è puro e ciò che è impuro. Gesù accetta la sfida e smaschera l’ipocrisia dei suoi interlocutori. 

In realtà non è ciò che sta fuori e che entra nell’uomo che lo contamina. Ma è ciò che esce dall’uomo. Affermazione rivoluzionaria. E’, semplicemente, l’abolizione del concetto di puro e impuro: non esistono cose buone o cattive che rendono buono o cattivo l’uomo. Ma è l’uomo che, con la sua cattiveria, rende cattivo  il mondo e con la sua bontà, lo rende buono

Un Dio definito e rassicurante

Notevole il significato teologico delle affermazioni di Gesù. Se si seguono i farisei, si dice che esiste un pezzetto di mondo, di spazio o di tempo, in cui Dio “abita”. Dio sta lì e quello spazio è sacro. La creazione è tutta buona, dice invece Gesù. Dunque, Dio lo posso trovare ovunque. Non esiste un brano di mondo che Dio si è sequestrato come suo ed esclusivo. La mia bontà allora non sta nell’abitare in un angolo di spazio o in minuto particolare del tempo, ma sta nel vivere bene la mia vita, ovunque mi trovi. La fonte del male e del bene non viene dallo spazio e dal tempo, ma dal cuore, dalla mia libertà, dall’uso buono o cattivo dello spazio e del tempo, del mondo e degli uomini.

Le tentazioni di “ridurre Dio”, di restringerlo in spazi e tempi precisi e rassicuranti tornano sempre. I credenti, talvolta, mettono in piedi una riedizione cristiana del formalismo farisaico. “Sono un buon cristiano perché vado a una messa, mi confesso, faccio la carità”. 

Ma esiste l’edizione laica di questo “confinamento” di Dio. “Io so che cosa devo fare. Me la intendo direttamente con Dio”. Quest’ultimo confinamento non è meno drastico del primo. Nel primo caso, Dio è ridotto ai gesti definiti di un rito o di una abitudine, nel secondo caso viene rinchiuso nel pensiero e nell’azione di un singolo. Tutti e due gli atteggiamenti suppongono di sapere perfettamente sia chi è Dio, sia che cosa ci chiede. 

Amare come ama Dio

L’alternativa evangelica è netta. Ci si puo’ rifare all’affermazione cruciale che attraversa tutta la rivelazione evangelica: Dio è amore; non è il Dio della Legge. E tutto quello che esiste è l’epifania di quell’amore. Di conseguenza, il mondo, per sé, è tutto buono. Non esiste un angolino di mondo riservato a Dio e buono di fronte a un mondo anonimo e cattivo. E se il mondo è cattivo dipende da me, dal cuore. E gli altri vanno amati come si ama Dio: sempre. Non esiste un tempo dell’amore e un tempo del non-amore. Tutto questo mi chiede di far funzionare la mia libertà e anche la mia intelligenza, perché il cuore non è sconsiderato. 

Oggi, di fronte a colossali provocazioni delle grandi migrazioni, delle guerre, dei pericolosi squilibri sociali ed economici, non posso permettermi di rifugiarmi in un angolino ben delimitato in cui rifare i miei gesti di credente, in cui rimettere in atto il mio “sacro” definito e rassicurante. 

Se incontro il mio Signore nella cena che egli imbandisce per me, non è per togliermi dal mondo, ma per darmi la forza per ritornarvici.

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