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Spunti di riflessione sul vangelo di domenica 17 novembre,  trentatreesima del Tempo Ordinario “B”. 
Il Vangelo è Marco 13, 24-32
Per leggere i testi liturgici clicca qui

Gesù annuncia i “tempi ultimi” con immagini inquietanti: la terra e il cielo verranno sconvolti. Ma in quello sconvolgimento apparirà il Figlio dell’uomo “con grande potenza e gloria”. Dai segni premonitori gli uomini devono imparare che il Signore è vicino, “alle porte”. Nessuno però sa quale saranno il giorno e l’ora.

Apocalittici disperati

Siamo diventati tutti, in questi ultimi anni, degli apocalittici. Noi cristiani soprattutto. Il mondo va male, il mondo andrà ancora peggio nei prossimi anni. Con la grossa differenza, rispetto agli apocalittici contemporanei di Gesù, di non avere più la speranza di un “altro” mondo rispetto a questo, perché non abbiamo più la fede forte in un Dio che sia il garante di questo futuro diverso. Siamo, dunque, degli apocalittici “disperati” e il futuro ci fa soltanto paura. 

Il mondo nel quale viviamo è un mondo per tanti versi incerto, traballante, che sembra destinato a finire. Abbiamo paura del nostro futuro e non siamo capaci di preparare delle generazioni che vivano dopo di noi. I dati demografici non lasciano dubbi. Le paure della distruzione del pianeta: Il grande parlare che si fa del problema ecologico e i disastri ambientali sono gli ultimi messaggi, in ordine di tempo, che tengono vive queste paure. Abbiamo buoni motivi per essere apocalittici. 

Non si sa quando. Ma si sa che arriverà

Non abbiamo ricette. Ma una cosa dobbiamo fare: che dobbiamo fare lì dove il Signore ci ha collocati a vivere e a lavorare. L’attesa del futuro non estrania dall’impegno nel presente. Sia che si tratti della fine di tutti, la fine del mondo, sia che si tratti della nostra fine, la nostra morte. Proprio per questo diventa importante e prezioso il particolare che non si conosce quando quegli eventi arriveranno. L’unico vero atteggiamento allora è non di indagare ciò che non si potrà mai sapere, ma di avere fiducia in colui che è l’unico che sa. A noi resta di vegliare, operosamente, di fare bene, mentre si aspetta. Anzi: si deve fare bene proprio perché si aspetta. Come una coppia che aspetta un bambino. Mai così presi dalle cose da fare proprio perché qualcuno deve arrivare. 

Per questo è particolarmente pertinente l’immagine di oggi, del Signore che è alle porte. Noi siamo “dentro” la storia, viviamo la nostra vita, ma egli ci aspetta. Anche quando dovremo uscire lui, di certo, ci accompagnerà… Non saremo nella notte perché non saremo soli. 

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