Immacolata. La ragazzina di Nazaret. La speranza

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Immacolata. La ragazzina di Nazaret. La speranza

In quel tempo,
l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret,
a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe.
La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te»
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Immacolata. La ragazzina di Nazaret. La speranza. Il titolo “immacolata” sembra proiettare la protagonista della festa di oggi in un lontanissimo cielo. Invece: è proprio il contrario. Non è Maria che viene catapultata in cielo, ma è il cielo che scende a Nazaret. Nazaret, un paesino di 150-200 abitanti che nessuno conosce. “Che cosa può venire di buono da Nazaret?”, chiederà Natanaele all’inizio del vangelo di Giovanni. Non solo ma l’angelo fa visita a Maria, una adolescente, sconosciuta come il paesino in cui abita.

Il trionfo delle relazioni

Dunque: non esiste spazio senza speranza. Ogni Nazaret può essere visitata da Dio. E dove arriva Dio succedono straordinarie novità.

Trionfano le relazioni. Dio suscita rapporti. Da notare che buona parte del passaggio del vangelo di oggi è il dialogo dell’angelo con Maria. Il quale rimanda al “dialogo” di Dio con Maria, che significa il concepimento meraviglioso, la maternità divina, l’incarnazione. Trionfano le relazioni, dunque. Il tutto rivelato da un particolare affascinante: dominano i nomi. “…l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Anche il figlio che deve nascere “sarà chiamato” (“lo chiamerai Gesù”). Anche Maria viene chiamata con un secondo nome, che designa bene l’evento che sta per realizzarsi: “piena di grazia”. L’evento, dunque, è soprattutto un dare nome. Il mondo delle relazioni ha bisogno di chiamare “per nome” e di essere chiamato per nome.

Tra il paradiso perduto degli inizi e il paradiso sperato della fine

Dove arriva Dio, tutto riprende speranza. Tutto. È il senso dell’immacolata, la senza peccato fin dagli inizi, fin dalla nascita. L’Immacolata, infatti, può essere vista come questa “felicità degli inizi”, senza ombre, senza limiti. La quale, però, preannuncia la felicità senza ombre della fine. Sarà l’Assunta, portata in cielo dagli angeli, alla fine. Maria è la donna che sta fra due paradisi: il paradiso perduto degli inizi e il paradiso sperato della fine.

Una festa bellissima, dunque. Bellissima perché piena di straordinari simbolismi che lasciano viva la speranza, quella di cui abbiamo sempre bisogno. Di cui abbiamo bisogno in questo inquieto avvento e in questo inquieto natale.

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