Emmaus. Il Risorto e il posto vuoto a tavola

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Non ci sono miracoli nella narrazione di Emmaus,
l’unica cosa straordinaria è la scomparsa di Cristo che, verso la fine,
si sottrae alla vista e lascia il posto vuoto a tavola.

Vicenda raccontata da cristiani che, come noi, cercano lungo il cammino colui che è assente. Occorre infatti che la nostra fede si confronti col posto vuoto lasciato da Cristo, il Risorto che si sottrae ormai alla vista. Personalmente ci pare un esercizio più serio che inseguire in modo emotivo e un po’ magico proclami, apparizioni e confidenze divine (stranamente frequenti e necessarie, a quanto pare).

Tra l’assenza dell’inizio e quella della fine

La ricerca dei discepoli – che parte dalla tomba vuota e arriva al posto vuoto lasciato dal Signore accanto a noi – pare figura e parabola della vita, iscritta tra l’assenza dell’inizio, da cui ciascuno è venuto, e l’assenza della fine. In mezzo l’incontro con una parola che abita nella nostra storia, mistero che ci accompagna ogni giorno come una chiamata segreta, come segreto è il regno di Dio in mezzo a noi.

Questa voce ci rimprovera la nostra tristezza, l’incapacità di cogliere in ciò che stiamo vivendo i motivi della speranza. Invita a rileggere e ricomprendere il viaggio alla luce della Parola, riconoscendo che la Resurrezione di Cristo è anche la nostra.

Il racconto ricapitola la storia e la Scrittura: all’inizio la mancanza di fiducia in Dio (quella disobbedienza che nel giardino fa conoscere il male) chiude i nostri occhi. Ora invece, nel gesto di comunione del compagno misterioso che spezza il pane, essi si riaprono e lo riconosciamo.

Scopriamo Dio accanto all’uomo, anche quando egli lo ignora, anche sui suoi sentieri dolorosi, disperati e violenti, come accade oggi, ancora.

Così dovrebbero essere le nostre messe

Emmaus poi, suggerisce ciò che dovrebbero essere le nostre messe, vissute tante volte in modo opaco e distratto. Chissà che possa davvero accadere a qualcuno di noi, come ai due viaggiatori, che il cuore si riscaldi ascoltando la parola, e comprenda, e riconosca, nello spezzare il pane, l’amico misterioso presente nelle profondità della vita e nei legami coi fratelli.

Un pane spezzato nella locanda, scesa la sera, venuto dal cielo, leggero come la manna e come una particola. Non è niente, eppure dà speranza perché ha il senso della grazia del vivere e della promessa. Ogni tanto accade di essere toccati da qualcosa o qualcuno che ci parla, e i nostri occhi si aprono e riconosciamo la vita. Pieni di sollecitudine racconteremo l’incontro agli amici, col desiderio di restare per sempre in questa conversazione umana consegnata alla Resurrezione.

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