“Ma egli sparì dalla loro vista”. Emmaus, la conversazione umana

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In un’opera eseguita poco dopo i vent’anni,
Rembrandt affronta per la prima volta (e lo farà poi in molte altre occasioni)
l’episodio di Emmaus, presente nel vangelo di Luca.

Trascorso rapidamente il periodo d’apprendistato, il pittore ha già inaugurato la serie delle sue folgoranti traduzioni della Bibbia, fonte inesauribile d’ispirazione per tutta la vita.

In questa teofania – che è allo stesso tempo un’apparizione e una sparizione – c’è ancora una certa teatralità che risente delle convenzioni del genere: la sedia rovesciata, il pellegrino che per la sorpresa cade a terra, nascosto nell’ombra, il compagno attonito che allarga le braccia, gli occhi sbarrati in una maschera quasi caricaturale.

Ma la lezione di Caravaggio e Rubens e le raffigurazioni dei caravaggisti di Utrecht, sono qui superate e rielaborate in un personale linguaggio di sorprendente audacia concettuale che sarà la cifra di tutto il suo successivo lavoro.

L’artista delle umane profondità e della vista interiore non poteva che essere affascinato da un racconto che parla di fede e visione, e coglie l’attimo in cui lo sguardo si apre alla comprensione. L’implosione della luce che irraggia intorno al viso e alla sagoma del ritornante divino, lascia lontane, dietro di sé, le mode e le convenzioni. Eliminata la puntigliosità aneddotica di grandi mense apparecchiate, minuziosi interni di locanda, servitori con vassoi e stoviglie, Rembrandt reinterpreta la scena alla luce di una illuminazione spirituale.

Evangelica semplicità

Il dipinto possiede una sua potente, evangelica semplicità, sembra anch’esso apparso miracolosamente; un’immagine concentrata, sobria nel colore, quasi monocroma, stesa su carta incollata su una tavola di quercia. Porta l’osservatore a far convergere lo sguardo in favore di un unico intenso centro drammatico.

dei sensi attraverso la comprensione, luce dall’oscurità, luce della rivelazione e del vangelo. La Scrittura come rimedio alla cecità: colui che rivela e si rivela è in realtà una sagoma scura stagliata nel controluce di una sorgente luminosa nascosta. Lo sconosciuto compagno di viaggio viene quasi consumato dalla luce (“scomparve ai loro occhi”): Il lato destro del suo corpo, che termina con le mani che spezzano il pane, è reso nei toni di una mezza luce, così che la figura sembra sfumare in una trasparente evanescenza.

Accanto e in contrappunto, sulla sinistra, l’altro focolare – quello che dà il nome alla casa degli uomini – dove una donna lavora, custode di un fuoco che rimanda a quello interiore che ormai abita i discepoli (“non ardeva forse in noi il nostro cuore…?”).

La pittura di Rembrandt si muove come sempre tra indeterminatezza ed estrema chiarezza, definizione e abbozzo, perfettamente consona alla scena in cui i discepoli guardano una figura che non c’è, presente e visibile, subito assente e scomparsa.

Intimità incandescente

In un’immagine di grande sintesi, Rembrandt introduce particolari che sono tuttavia di estrema precisione.Straordinaria la figura del discepolo in luce: il viso dettagliato ed essenziale allo stesso tempo, le pupille sono nere capocchie di spillo negli occhi sbarrati e stupefatti, la pelle raggrinzita sulla fronte, la mascella cascante che apre la bocca, un’unica macchia confusa e perfetta (tratto quasi vignettistico di economica concisione), la mano destra con le dita scorciate e allargate, la sinistra levata a protezione e istintiva difesa.

La barba e i capelli sulla fronte di Cristo suggeriti da tocchi rapidi e delicati di grande, efficace, controllo pittorico; essenziali e minuti luccichii di natura morta (le lumeggiature sul manico del coltello che sporge dal tavolo, una ciotola, un’alzata, un panno bianco), accanto alla figura quasi invisibile del secondo discepolo inginocchiato ai piedi di Cristo, con i capelli della nuca che spiccano sul bordo chiaro del tavolo.

 

E poi una sedia rovesciata, una sacca da viaggio appesa alla parete, il muro sbreccato e l’assito di legno alle spalle di Cristo, sul fondo della stanza la sagoma indistinta e confusa della donna al lavoro.

Tanti elementi portati mirabilmente ad unità dal gioco sapiente dell’ombra e della luce: Rembrandt invita l’osservatore a lavorare con l’immagine, a lasciarsene coinvolgere in modo più efficace rispetto a un dipinto troppo rifinito.

Abbandona il lavoro manierato e minuzioso in favore dell’urgenza della visione, in questa intimità incandescente che ci aiuta a capire cosa si nasconde e può accadere negli incontri e nelle conversazioni umane.

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