
Proponiamo ai nostri amici lettori alcuni articoli, a intervalli diversi, che cercano di scovare significati non scontati oltre fatti di cui si parlta.
È un esercizio non necessario ma, ci sembra, neppure inutile
In quel tempo, Gesù si mise a rimproverare le città nelle quali era avvenuta la maggior parte dei suoi prodigi, perché non si erano convertite: «Guai a te, Corazìn! Guai a te, Betsàida! Perché, se a
Tiro e a Sidòne fossero avvenuti i prodigi che ci sono stati in mezzo a voi, già da tempo esse, vestite di sacco e cosparse di cenere, si sarebbero convertite. Ebbene, io vi dico: nel giorno del giudizio, Tiro e Sidòne saranno trattate meno duramente di voi.
E tu, Cafàrnao, sarai forse innalzata fino al cielo? Fino agli inferi precipiterai! Perché, se a Sòdoma fossero avvenuti i prodigi che ci sono stati in mezzo a te, oggi essa esisterebbe ancora! Ebbene, io vi dico: nel giorno del giudizio, la terra di Sodòma sarà trattata meno duramente di te!» (Matteo 11, 20-24).
Gesù pronuncia una profezia, una previsione che riguarda avvenimenti che sono già capitati (l’infedeltà della città del lago) o che capiteranno (la loro condanna): una specie di denuncia di fronte alla storia e una previsione in vista dell’al di là della storia.
Si tratta, in tutta evidenza, di una denuncia, alla lettera, “politica”: riguarda le “poleis”, le città, la loro concreta realtà di di agglomerati umani. Impressiona questa “chiamata per nome” da parte di Gesù, rivolto a Corazin, Betsaida, Cafarnao come fossero personaggi da interpellare. La minaccia, infatti, si ripete per essere rivolta, singolarmente (“Guai a te”), a ogni città.
Si potrebbe dire che Gesù dichiara “lontane” le città “vicine”. Cafarnao verrà allontanata fino al fondo dell’ade. Come a indicare che la relazione che Gesù ha voluto intessere con le città diventa impossibile: la relazione che doveva essere corta si allunga smisuratamente, al punto di non esistere più, di rompersi definitivamente.
È noto il “sospetto” della bibbia verso la città. Babilonia che finisce male è un topos letterario che attraversa tutta la bibbia, fino all’Apocalisse compresa. Il passaggio del vangelo che proponiamo qui lo conferma. Ci chiediamo il perché di questo sospetto. Non è possibile ridurre tutto al prevalere di una cultura di tipo arcaico, che la bibbia farebbe sua, e che vedrebbe male la città solo perché città. Ci sono, ci devono essere altri motivi.
Quando gli uomini si fanno vicini gli uni agli altri, avvicinano la loro fratellanza, certo. Ma avvicinano anche la loro estraneità. E la estraneità “vicina” si trova sempre nel rischio di esplodere
Quando gli uomini si fanno vicini gli uni agli altri, avvicinano la loro fratellanza, certo. Ma avvicinano anche la loro estraneità. E la estraneità “vicina” si trova sempre nel rischio di esplodere. Il vicino non fratello fa problema proprio perché vicino. È nota l’idea di René Girard: l’imitazione di modelli lontani non fa problema. Il problema si fa drammatico quando il modello che si imita diventa anche il competitore con il quale ci si confronta. Don Chisciotte è innocuo perché imita i lontanissimi protagonisti di romanzi cavallereschi. In Proust il clan dei Verdurin odia quella dei Guermantes: i due mondi sono vicinissimi e il confronto è inevitabile.
La città è un mondo tutto ravvicinato e quindi a rischio. Oggi le grandi crisi nascono quasi tutte nelle città. In Ucraina la guerra si combatte attorno alle città. E la conquista di un territorio, il Dombass per esempio, si completa se si completa l’occupazione dei centri urbani.
Per questo la “politica”, l’arte dello stare insieme nella “polis”, la città, è necessaria. O riesce quell’arte o rischiamo di precipitare, come Cafarnao, nel profondo dell’ade, vittime della violenza incontrollata e devastatrice.
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