
E’ un’espressione che si sente spesso. E la si dice per vantarsene. Chi la dice, infatti, intende proporre qualcosa di autentico, di trasparente. Quindi, sottinteso: sono coraggioso, non ho paura di parlare, davanti a chiuque. Parlo anche se devo dire cose sgradevoli, parlo anche se devo affrontare persone più forti e più famose di me. Non ho paura di nessuno.
E’ ovvio che, se uno parla a prescindere dalle possibili reazioni, è preoccupato, soprattutto, della sua libertà di parlare. E’ questo il valore decisivo che sta a cuore: la libertà.
In questo senso, quella espressione è moderna: l’uomo d’oggi è soprattutto preoccupato della sua libertà e per di più in una società che, almeno in via formale, mette tutti sullo stesso piano. Tutti possono parlare a tutti. La società democratica è come l’amore: o trova gente alla pari o rende pari chi non lo è. Così è. Meglio: così dovrebbe essere. Poi chi può indovinare studi, discussioni, incontri e scontri che si chiedono se è proprio così, perché non è così, come si potrebbe fare perché sia un po’ più così.
Quello che dice di dire quello che pensa, comunque, pensa anche di essere libero. Ma lo pensa. Che lo sia è un’altra questione. Però è ovvio che dicendolo e pensandolo esprime anche un desiderio: come sarebbe bello se…
In ogni caso affermare di voler dire quello che si pensa, significa anche, molto chiaramente, che si è preoccupato più della propria libertà che di quella degli altri.
Ma la parola è evento dialogico: parlo e qualcuno ascolta. Magari parlo proprio perché qualcuno ascolti. La parola che è mia, in qualche modo, diventa anche di altri. Se è così, però, non posso parlare senza chiedermi quali potrebbero essere gli effetti delle mie parole sugli altri. Anche nell’uso della parola la mia libertà è limitata dalla libertà degli altri. E, conseguenza, se voglio “parlare bene” devo chiedermi se le mie parole saranno capite, se offenderanno, se saranno davvero al servizio della verità.
Se si dovesse riassumere si dovrebbe dire che non basta affermare “Io dico quello che penso”, ma bisogna affermare anche quello che, con un gioco di parole, si sente talvolto ripetere: “Io penso a quello che dico”. Penso, cioè, agli effetti che le mie parole provocheranno sugli altri, non posso dire tutto quello che voglio per il semplice fatto che l’ho pensato. Non basta affermare la libertà. Bisogna affermare anche la responsabilità. Non solo solo, infatti.
E’ un atteggiamento più raro, questo, più impopolare. Ma più necessario.