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L’Azerbaijan, il Nagorno Karabakh, Armeni, Azeri… Cenni di storia di una zona calda dove la pace continua a essere difficile

Un territorio meraviglioso

Credo che sentendo parlare di Karabakh l’unico riferimento che ci sia venuto in mente sia la fiaba di Perrault Il gatto con gli stivali in cui l’animale parlante fregia il suo padrone del titolo di Marchese di Karabakh, indicando così un territorio sconosciuto e lontano dalla patria francese.

Stiamo parlando invece di un territorio meraviglioso del Caucaso orientale, che si estende per circa 11.500 chilometri quadrati, abbraccia e protegge l’Altopiano Armeno verso est, comprendendo alcuni dei più antichi e durevoli insediamenti del popolo armeno.

Il nome è un misto di due vocaboli, uno russo e uno turco, Giardino nero, che non rispecchia la vera natura della regione, che infatti ufficialmente oggi si chiama Artsakh, un altro nome derivato da un termine dell’armeno antico, tsakh, che significa “legno”. Legno, cioè boschi e foreste: montagne coperte da una fitta copertura arborea, cima dopo cima, con una valle luminosa di erbe e di acque correnti, con mucche e cavalli che galoppano liberi all’orizzonte.

Questa terra isolata, ma fertile e ricca d’acque negli altopiani pianeggianti, ha costituito da millenni un importante nodo di passaggio verso occidente, percorso da monaci, guerrieri e mercanti. L’Artsakh si convertì al cristianesimo insieme al resto d’Armenia, e vi furono costruiti importanti monasteri che divennero illustri centri culturali e religiosi. 

Dopo l’invasione turca del XIII secolo, fu consegnata alla Russia nel 1813.

La storia del ‘900

All’inizio del Novecento, gli armeni dell’impero ottomano furono spazzati via – dal 1915 in poi – dalla loro patria ancestrale in Anatolia orientale, vittime del primo genocidio del secolo. Un certo numero di sopravvissuti trovò rifugio nell’Armenia caucasica, sotto la protezione della Russia zarista. Dopo la rivoluzione del 1917 si formò nel Caucaso una federazione transcaucasica, che diede origine a tre repubbliche indipendenti: Georgia, Armenia, Azerbaigian. 

Nel 1920 tuttavia anche la Transcaucasia cade nelle mani dei bolscevichi, e la situazione nel Caucaso diventa incandescente: mentre i russi combattono fra loro, le potenze vincitrici, soprattutto l’Inghilterra, cercano di intervenire. Mustafà Kemal cerca di ricostruire l’impero ottomano e intreccia solidi legami con i cugini azeri, che parlano la sua stessa lingua (i pozzi petroliferi di Baku fanno gola a tutti). 

Tuttavia sarà Stalin (che, come si sa, era georgiano, e non aveva nessuna simpatia per gli armeni, fieri, indipendenti e religiosi), plenipotenziario di Lenin per il Caucaso, a rimescolare le carte fra le tre nazioni e a prendere le decisioni finali, assegnando nel 1921 all’Azerbaigian il territorio del Karabakh, abitato per il 95% da armeni. Della presenza e delle memorie armene questa terra è stata completamente spogliata.

Questa situazione è durata fino alla crisi finale dell’impero dell’Urss. Dovunque ci sono minoranze, le diverse nazionalità rialzano il capo: anche in Karabakh. Nel 1988 avvennero scontri in diverse località fra azeri e armeni, che sfociarono nella violenza di pogrom e massacri organizzati, Nel frattempo, nel caos legislativo del tramonto sovietico, i rappresentanti del soviet del Karabakh proclamarono uno statuto di autonomia e infine l’indipendenza nel 1991, convalidata da un referendum popolare e da successive elezioni politiche.

Armeni e Azeri

Nel gennaio 1992 cominciano i bombardamenti azeri. La guerra vera e propria va avanti per due anni, con distruzioni massicce sul territorio dell’Artsakh, trovando però un’inaspettata e decisa resistenza. Gli armeni hanno ben presente l’incubo del 1915, e sanno di combattere per la propria vita: fra alterne vicende (ancora oggi lo sminamento dei luoghi contaminati va avanti senza soste, ma con notevoli difficoltà) essi riescono a tenere il territorio. Chi abbia fornito armi a chi non è ben chiaro, ma con ogni probabilità la Turchia rifornì l’Azerbaigian, popolata da musulmani, e la Russia sembra abbia dato armi all’Armenia, per mantenere gli equilibri geografici e politici della regione caucasica.

Da allora sono in corso negoziati di pace sotto l’egida del Gruppo di Minsk, una struttura di lavoro creata nel 1992 dalla Conferenza sulla Sicurezza e Cooperazione in Europa (CSCE), dal 1995 Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, allo scopo di incoraggiare una soluzione pacifica e negoziata dopo la prima guerra del Nagorno Karabakh.

Gli Azeri non si fidano di questo gruppo di lavoro che ritengono fortemente sbilanciato a favore dell’Armenia e chiedono una significativa presenza turca nel gruppo. Da parte sua l’Armenia vorrebbe che vi fosse compreso anche un rappresentante del Nagoro Karabakh, dal momento che si tratta proprio del loro destino.

 Il 27 settembre 2020, l’Azerbaigian ha ripreso il conflitto occupando la parte meridionale del Nagorno Karabakh. La Russia è intervenuta dopo gli appelli dell’ONU ed il 10 novembre 2020 ha annunciato un accordo di tregua tra Azerbaigian ed Armenia e lo schieramento di una forza di pace russa lungo il confine. 

Gli eventi più recenti

Occorre inoltre sottolineare che l’Azerbaigian è governato da una dinastia militare, con conseguente autoritarismo e repressione delle libertà politiche e civili della popolazione azera, ed anche per questo è considerata una dittatura da una considerevole parte della popolazione, mentre in Armenia dal 2018 ha avuto il potere un nuovo leader, Nikol Pashinyan, con un forte programma di rinnovamento sociale e politico.

Il governo Azero ha attaccato ora, di nuovo, la regione, definendo l’operazione una operazione antiterrorista (vi dice qualcosa???).

Le autorità  separatiste del Nagorno-Karabakh hanno chiesto all’Azerbaigian di mettere fine alle ostilità  e “sedersi al tavolo dei negoziati  per arrivare a una soluzione”.

Il primo ministro armeno, Nicol Pashinian, ha detto che le forze dell’Azerbaigian hanno iniziato “un’operazione di sfondamento” in Nagorno-Karabakh per prendere il controllo dei centri abitati  di quella che è un’enclave armena in territorio azero.

Anche il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha chiesto all’Azerbaigian la fine immediata delle ostilità per dar spazio al negoziati.

Terrà questa fragile tregua, garantita dalla Russia, che ha altre Operazioni speciali da gestire?

Credo che anche queste popolazioni abbiano sofferto molto nel corso del ‘900 e si meritino un po’ di attenzione e di aiuto dall’Europa e dall’ONU.

Altrimenti assisteremo ad un altro tassello della Terza Guerra Mondiale a pezzetti.

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