A proposito di Ucraina.
Ho assistito nei giorni scorsi alla riproduzione in streaming su YouTube dell’incontro organizzato Venerdì 11 Marzo da Moltefedi, via web, sul tema: “Da cristiani di fronte alla guerra: utopia o realismo?”
Devo dire subito che questo dibattito tra don Rocco D’Ambrosio (docente di filosofia, che sosteneva la prima posizione) e don Fabio Corazzina (già coordinatore nazionale di Pax Christi, la seconda) mi ha molto colpito, perché affronta in modo chiaro l’annoso problema di come porci da cristiani di fronte a chi esercita violenza. Dobbiamo intervenire per proteggere il debole usando la forza o invocare la pace e sostanzialmente rimanere ad osservare? E’ ovvio che nessuna di queste due posizioni è soddisfacente:
Gesù di Nazareth in molte occasioni ci ha raccomandato di “amare i nostri nemici” e di non opporci alla violenza con la violenza. Non si può volere la pace usando le armi, ma nemmeno si può sopportare vieppiù di assistere a questo straziante spettacolo di milioni di famiglie di profughi in fuga dal loro Paese ed al disfacimento di una intera nazione.
Dunque, che fare ora, senza entrare nel merito della cause pregresse della guerra e senza considerare le ragioni ed i torti dell’uno e dell’altro? Queste due posizioni, per noi occidentali, devono avere pari peso nelle scelte da fare. Non c’è una soluzione univoca in tutti i casi, ma ogni caso deve essere considerato a sé.
Giusto dunque applicare le sanzioni, anche se sono esse stesse una forma di violenza. Ho invece molte perplessità sulla fornitura di armamenti, che, fra l’altro, le forze russe stanno tentando di fermare avanzando verso il confine della Polonia: il rischio di un “contatto” è sempre più alto e forse inevitabile nelle condizioni date.
C’è poi un altro elemento che deve essere tenuto in molto, molto seria considerazione. E’ chiaro a tutti ormai che Putin sta “giocando d’azzardo”, alzando la posta: prima la Siria, poi la Crimea, quindi il Donbass, ora l’Ucraina. E poi? Le repubbliche baltiche?
A questo punto è inevitabile “andare a vedere”, come nel poker, il gioco di Putin, che con la velata minaccia dell’uso delle armi tattiche sub-nucleari e financo nucleari, paralizza l’Occidente, inseguendo il suo folle sogno di una moderna Grande Russia.
Si, bisogna intervenire, fermando Putin col minacciare noi stessi l’uso delle armi atomiche. Del resto, che cosa avrebbero fatto gli Alleati se Hitler fosse stato in possesso dell’ atomica? Ci saremmo piegati a Hitler?
E’ pazzesco, ma questa è la conseguenza delle scelte fatte in precedenza: l’allargamento della NATO ad est, la narrazione della Russia come nemico da combattere (a che cosa servirebbe la NATO se la Russia non fosse “il” nemico?), la mancata collaborazione economica tra UE e Russia, che avrebbe portato in dote l’enorme disponibilità di materie prime, comprese le Terre Rare, tanto osteggiata dagli USA.
Insomma, dietro questa guerra c’è un sistema mondiale di Governo che non regge più: l’accordo di Yalta aveva diviso il pianeta in due zone di influenza, all’interno delle quali USA e URSS hanno sempre potuto fare quello che volevano. Questa è la logica che vale anche oggi, solo che ora anche la Cina vuole la sua parte. Che cosa faremmo se la Cina si annettesse Taiwan e/o le isole Senkaku, di appartenenza giapponese? Anche la Cina possiede l’atomica ed ha il diritto di veto nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU.
E’ diventato necessario creare nell’ONU una forma di Governo del mondo al quale affidarsi per dirimere le questioni internazionali e per giudicare e sanzionare i comportamenti in violazione dei diritti umani, da chiunque siano commessi.
Questo è necessario per garantire la pace nel mondo e per questo bisogna impegnarsi: forse la crisi ucraina, con i rischi enormi che essa comporta, è necessaria per arrivare a questo nuovo ordine mondiale.
Oggi tuttavia si pone forte la domanda: ne valeva la pena? Vale a dire: Zelensky, pur di difendere la libertà del suo popolo, ha finito per sottoporlo alla mattanza che vediamo, rischiando di coinvolgere il pianeta in una terza guerra mondiale (Einstein sosteneva che certamente la quarta sarà combattuta con pietre e bastoni). Dunque: ne valeva la pena?
Ho forti dubbi: ricordo il comportamento di Dubcek, promotore della Primavera di Praga, che nell’Agosto del 1968, segretario generale del Partito Comunista Cecoslovacco, avviò trattative con i capi sovietici, su un vagone a cavallo del confine tra Ucraina e Cecoslovacchia, per evitare l’invasione del suo Paese da parte dei carri armati del Patto di Varsavia, come avvenne in Ungheria in modo cruento nel 1956.
Il suo tentativo fallì, i carri armati invasero tutta la nazione, non ci fu spargimento di sangue, ma l’opposizione popolare al regime di occupazione sovietica continuò, fino a risultare vincente nel 1989.
Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda un’ambasceria per la pace (Lc 14, 31-32).