Lo scudetto del Milan. Il calcio e la guerra

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Lo scudetto del Milan. Il calcio e la guerra

Rafael Leão, protagonista del trionfo del Milan

Dopo infiniti patemi, il Milan ha vinto lo scudetto.
Con gli inevitabili riti che hanno seguito l’evento

E’ sicuro che molti abbiano celebrato e non solo a Milano, perché hanno vinto e molti hanno rosicato, perché hanno perso. Normale.

E’ sicuro anche che qualche moralista illuminato ha lamentato che abbiano luogo questi trionfi mentre in Ucraina si continua ostinatamente a scannarsi. Nel mio piccolo non condivido queste preoccupazioni. Semmai, da tifoso, lamento che non si riesca a fare un po’ più di calcio e un po’ meno guerra.

E immagino anche che i moralisti di cui sopra possano rimproverarmi questo accostamento così a prima vista improprio.

Il vocabolario “guerresco” del calcio

Ma è un accostamento che ci sta. Ho letto, in uno degli ultimi articolo della Civiltà Cattolica, la rivista dei gesuiti, un articolo dal titolo “Psicologia della guerra” (La Civiltà Cattolica, n. 4124, pagine 111-122). L’ha scritto Giovanni Cucci. L’autore fa elenca gli elementi che, in forma diversa, fanno da detonatore – è proprio il caso di dirlo – alla guerra. Sono: l’avidità, aggressività, l’ideologia, la paura, il senso dell’onore.

Poi parla anche di quello che contrasta le guerra. Tra gli atteggiamenti che contrastano la guerra l’autore cita la saggezza e l’educazione alla saggezza. La saggezza, in fondo, è un saper guardare alla realtà, così come è, non così come appare agli occhi distorti di chi è spinto o dall’aggressività, o dall’avidità, o dall’ideologia, o dalla paura o dal senso dell’onore. Spunti utili, come si vede.

Ma, mentre leggevo, mi è venuta in mente una vecchia idea che, tra l’altro, non è mia. Questa: il calcio, lo sport del calcio, è una guerra in miniatura. Il parallelismo è rivelato da una serie di elementi: il carattere di “squadra” di questo sport: le due squadre sono come due piccoli eserciti che si affrontano. I due piccoli eserciti dispongono di difesa e attacco. Ill vocabolario che si usa, è rivelatore la sua parte: non solo attacco e difesa e i relativi verbi, ma un termine strano e stranamente rivelatore come “cannonieri” (classifica “cannonieri”). E poi, ancora termini come “scontro”, “colpire”, “abbattere”. E altri, facilmente riscontrabili nelle cronache sportive.

Attaco e difesa. Aggressività e ideologia

Mi è venuto in mente che la squadra di calcio mostra, nei vari momenti della partita o del campionato e nei diversi reparti che la compongono, sia i moventi “guerreschi” del calcio, sia quelli che li contrastano. Qualcosa – molto, anzi – dell’aggressività è evidentemente presente in tutte le partite di calcio. Vi si può trovare qualcosa della paura, come dell’ideologia. La Lazio, ad esempio, è legata ad ambienti di destra della capitale, mentre la Roma a elementi di sinistra o di centrosinistra. Qualcosa di simile anche distingue il Milan dall’Inter. Il Torino è la squadra operaia, la Juve la squadra dei padroni…

La logica guerresca non si limita allo sport, ma tracima. Gli insulti razzisti e le aggressività verbali contro i “terroni” sono i corollari delle partite di calcio. Anche il senso dell’onore vi gioca la sua parte. Basterebbe pensare al peso “patriottico” che le squadre di calcio hanno nei riguardi delle città che rappresentano. A Bergamo ne sappiamo qualcosa.

Ma le considerazioni possono essere allargate a stili di gioco interni alla stessa squadra. L’attacco è l’elemento più evidente dell’aggressione, fino all’attaccante che “segna” e “sfonda” la difesa avversaria. Anche la difesa è guerresca, perché ferma l’aggressore, gli impedisce di “sfondare” e lo fa opponendo la sua forza a quella dell’aggressore.

La “saggezza” del centrocampista

Dentro la squadra, però, esiste anche la dimensione della saggezza. Il “saggio” per eccellenza è il centrocampista, il costruttore di gioco. Anche questo fa la guerra, ma la fa più preparandola che facendola davvero, non è lui che segna, ma fa segnare.

Insomma, per capire la guerra posso guardare una partita di calcio. Semmai, in questo tempo, si è costretti più a guardare la guerra che una partita di calcio. Passato le celebrazioni del trionfo del Milan dovremo mestamente tornare a parlare di carri armati e di bombe.

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