La Costituzione e la classe politica inadeguata

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La Costituzione e la classe politica inadeguata

Si discute di Costituzione
Le discussioni sono legate alle prossime elezioni politiche
Filippo Pizzolato è docente di istituzioni di diritto pubblico

Non c’è nulla di peggio, per la Costituzione, del suo uso strumentale. Immancabilmente, della tenuta della Costituzione alcune forze partitiche sembrano preoccuparsi solo quando prevedono di perdere le elezioni e cercano allora, attorno alla loro causa, di arruolare – a mezzo della radicalizzazione drammatizzante della contesa – i cittadini intorpiditi… Non che non ci si debba preoccupare o che manchino elementi di preoccupazione, ma il punto è la credibilità e dunque l’efficacia di chi li solleva. 

La legge elettorale “Rosatellum”

Come giustamente ha scritto Rocco Artifoni, non può essere credibile chi lamenta l’effetto di una legge elettorale che ha contribuito ad approvare e che, da questo punto di vista, non è certo la peggiore. Almeno questa legge non contiene quei premi di maggioranza che, prima dell’intervento censorio della Corte costituzionale, letteralmente “regalavano” seggi a maggioranze quanto mai precarie. L’attuale legge elettorale – il Rosatellum – è brutta e senz’anima, non esprimendo né un senso di fedele rispecchiamento del pluralismo né un franco criterio di selezione delle “élite governanti”. Ma non è certo la più pericolosa per i suoi riflessi sulla Costituzione. E assai difficilmente una coalizione otterrà i due terzi dei seggi per modificare unilateralmente la Costituzione. 

E i problemi di tenuta della Costituzione

I problemi di tenuta della Costituzione sono ben altri, gravi e risalenti, ma nessuna forza politica sembra davvero interessata a farsene carico con coerenza: 

  • il degrado avvilente della rappresentanza politica ad opera di partiti che sfuggono pervicacemente alla loro democratizzazione interna e che manipolano la selezione delle candidature svuotando l’espressione popolare delle preferenze (su questo punto, anche il Rosatellum è complice). Siamo al cospetto di partiti-barzelletta, clan di aspiranti rentiers del tutto scollegati dalla realtà dei cittadini e indegni di assolvere alla delicata e fondamentale funzione costituzionale loro affidata;
  • la ripetuta coazione a ripetere l’invocazione della delega leaderistica (tecnocratica o no), a detrimento dell’autonomia e della responsabilità sociale. Anziché favorire l’autonomia e la responsabilità, la classe dirigente spande generiche promesse o minaccia generici sacrifici;
  • l’incapacità di assumere la giustizia sociale, sul piano della redistribuzione e della progressività fiscale, in nome di un ingannevole “meno tasse per tutti” e di una traslazione sulle generazioni future dei costi della solidarietà; 

Per non parlare delle questioni della pace, dello svuotamento democratico dell’indirizzo politico, eccetera eccetera…

Possiamo dirlo con franchezza: il patto costituzionale non vive più tra i partiti. Questi lo agitano solo strumentalmente. I loro appelli non suonano credibili. Tocca ai cittadini e alle formazioni sociali (e toccherebbe anche alle istituzioni di garanzia costituzionale) farlo vivere e, se ci riescono, pretendere serietà da una classe politica indecorosa. 

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