Il suicidio di un lavoratore

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In questi giorni una notizia mi ha profondamente turbato e addolorato: un lavoratore stressato sul piano fisico e psicologico e dalle angherie dei dirigenti, si è tolto la vita gettandosi dalla finestra della sua abitazione durante la notte

Ritmi di lavoro stressanti

Su questo suicidio, avvenuto a marzo del 2023, la Procura di Torino ha aperto due indagini nei confronti: dell’amministratore dell’azienda una grossa ditta della logistica acquartierata all’estero e il responsabile del magazzino dove la vittima prestava la sua opera. Per entrambi viene contestato l’omicidio colposo per violazione delle norme su salute e sicurezza e sfruttamento sul lavoro. L’intervento della Magistratura nasce da un esposto dei famigliari che hanno raccontato come il loro famigliare subisse una forte pressione sul lavoro che sempre più era obbligato a svolgere attraverso ritmi serrati e difficilmente sostenibili. 

È una vicenda dolorosa e stravolgente che interroga in profondità su quali possono essere le condizioni del lavoro e quali forzature il singolo lavoratore e lavoratrice deve subire per prestare la sua opera.

“La condizione operaia”

Da ex sindacalista sono stato profondamente interrogato e inquietato e mi è tornato alla mente che il mio impegno sindacale fu sorretto da un grande libro di Simon Weil “La condizione Operaia”.

Oggi ci dicono che gli operai sono ridotti di numero, che le fabbriche si sono contratte e che l’organizzazione del lavoro è cambiata: tutto vero. Solo che i lavoratori e le lavoratrici subordinati esistono ancora.

Quel libro di Simone Weil, pubblicato nel 1951, mantiene intatta la sua attualità e spinge ad analizzare le condizioni di vita e lavoro delle persone al lavoro, a rilevare quali sono i tratti dell’alienazione attuale, ma soprattutto la svalorizzazione dell’attività lavorativa e la necessità di un cambiamento sociale. Restano intatte le indicazioni di Simone Weil sulle tematiche legate ai diritti dei lavoratori, alle disuguaglianze sociali e al significato antropologico del lavoro. Dunque, le osservazioni sulla dignità del lavoro e sull’importanza della solidarietà tra lavoratori sono ancora pertinenti, specialmente nei nuovi contesti di crescente precarietà e sfruttamento.

La Procura di Torino ha tolto il velo che copre l’esistenza di lavori che si svolgono in situazioni oscure e feroci.

Occorre che si abbia il coraggio di analizzare a fondo quale è la condizione delle lavoratrici e dei lavoratori oggi e rilevarne le sofferenze, le ingratitudini, la scarsa remunerazione, la mancanza di rispetto. Sicuramente bisogna evitare le generalizzazioni per attenersi ai dati e alle situazioni reali in cui elementi positivi e negativi si intrecciano.

È oltremodo necessario che si faccia uno sforzo per uscire dalle polarizzazioni e dalla iperpoliticizzazione con cui solitamente si affrontano questioni di questo genere e valutare piuttosto come stanno realmente le cose e i problemi, per affrontarli e cercare di risolverli. Non basta l’ottimismo governativo che continua a leggere i dati dell’occupazione in termini puramente quantitativi separandoli dal contesto esistenziale, economico e sociale nel quale sono inseriti. 

Cresce l’occupazione. Ma quale occupazione?

È indubbio che, da un punto di vista puramente statistico, ci troviamo di fronte ad una crescita dell’occupazione, che, come viene segnalata dall’Istat, presenta caratteristiche da record. Ma le statistiche, da sole, non ci dicono se ci troviamo di fronte a un aumento occupazionale di qualità o se, viceversa, registriamo un mero dato quantitativo prevalentemente riconducibile alla crescita di settori, come il turismo, che hanno tradizionalmente contratti di lavoro meno remunerati, stagionalità e precarietà ne evidenziano la presenza di lavoro nero e grigio e orari “corti”: tutti fattori che portano alle basse retribuzioni

I problemi del lavoro non sono solo economici anche se il problema dei bassi salari non va sottovalutato. 

Una recente ricerca internazionale realizzata dall’agenzia per sondaggi d’opinione statunitense GALLUP (American Institute of Public Opinion), ha rilevato che il lavoro non è più al cuore di tante lavoratrici e lavoratori a causa di un persistente disagio psichico causato dall’estraneità relazionale che si vive sul luogo di lavoro. Un tempo la fabbrica e il luogo di lavoro segnavano anche le identità personali, oggi sembra che non sia più così anche a causa della frammentazione produttiva e della crescita dell’individualismo, ma anche del mancato riconoscimento delle competenze, dello stress dei nuovi ritmi lavorativi che si sono fatti più intensi e che logorano non solo sul piano fisico ma soprattutto su quello psicologico. 

Una nuova cultura del lavoro

Una società che vede crescere sentimenti negativi verso il lavoro deve preoccuparsi e pertanto agire perché la condizioni di lavoro e di sicurezza sul lavoro migliorino e diventino più soddisfacenti e questo non riguarda solo la condizione soggettiva ma sono importanti dal punto di vista delle relazioni personali, sociali ed economiche.

Il permanere di situazione negative come: bassi salari, precarietà occupazionale e problemi di sicurezza mette a rischio la possibilità di delineare una nuova stagione di benessere sociale e allontano dal lavoro, che sempre e comunque richiede impegno fatica, ma a queste deve corrispondere un corrispettivo di soddisfazione, non solo in termini economici ma anche psicologici e di valore sociale. 

Si tratta di far avanzare una nuova cultura del lavoro che parta dalla formazione di situazioni lavorative basate sulla fiducia, il fare bene, sulla sicurezza dell’impiego, la cooperazione e riconoscimento dall’apporto di ognuno al bene di tutti. 

Una cultura del lavoro attenta alle questioni e alle problematiche soggettive e personali di chi lavora, di chi svolge una mansione ed esercita una funzione di ruolo, richiede la cura e l’attenzione al benessere fisico, mentale, emotivo, affettivo formativo, professionalizzante e essere una pratica consolidata ovunque c’è una persona che opera.

Il suicidio di un lavoratore deluso dal modo con cui si richiedeva, si riconosceva, il valore della sua fatica, del suo impegno ci deve fare riflettere e cercare, per quello che ognuno può fare, di rimettere a tema le nuove problematiche di chi il lavoro lo esercita, lo cerca o lo perde. 

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