E poi i pareri dei tecnici e quelli delle autorità, quelle locali e quelle nazionali. E poi le storie di chi è morto, di chi è scampato, di chi ha visto.
Quando succedono queste tragedie c’è sempre qualcuno che accusa le autorità di non aver preso tutte le necessarie precauzioni. Anche questa volta qualcuno lo ha fatto. Le voci di protesta, però, sono state molto isolate.
Tra le vittime c’erano anche delle guide alpine che, quindi, la montagna la conoscevano bene. Ed è difficile accusare di inadempienza gli amministratori, quando questi agivano in accordo, o quanto meno senza il disaccordo, con gli esperti. E Maurizio Corona, lo scrittore molto noto per le sue apparizioni in TV, ha detto di esser passato una quarantina di volte da lì dove è scesa la frana e non era mai successo niente. Tanto che anche Sandro Raimondi, il procuratore capo di Trento, che conduce l’inchiesta, ha dichiarata che il crollo era imprevedibile.
Siamo costretti a confrontarci con la tragedia, senza ragioni per capirla
In altre circostanze si avevano avuto ben altre disattenzioni e ben più gravi inadempienze. Anzi, per essere precisi, ci sono quasi sempre. Questa volta è più difficile individuarle e quindi il dramma è ancora più grave perché meno “spiegabile”. Siamo così costretti a confrontarci con la tragedia senza disporre di qualche ragione per attenuarla. Diciamo in altre parole: Si deve prendere atto dell’inspiegabile, che capita nonostante e che travolge tutti a prescindere. Abituati a spiegare tutto, ci ritroviamo nella situazione di non riuscire a spiegare quasi nulla. E’ un senso generale di spaesamento e di sconfitta.
Oltretutto, in un dramma della natura così grave, si parla molto della natura e relativamente poco degli uomini. Di questi si parla per prendere atto, soprattutto, che non ci sono più.
Si rischia di dimenticare che l’uomo è grande, anche quando muore
Eppure, nella natura non c’è nulla di più grande dell’uomo, anche quando muore. “Davvero l’hai fatto poco meno di un dio, di gloria e di onore lo ha coronato”, dice il salmo 8.
Il problema nasce quando l’uomo non appare cornato di gloria e di onore. Al contrario, viene maciullato da un mare di sassi e di ghiaccio che gli piomba addosso.
C’è un passaggio celebre di Blaise Pascal che mi è venuto in mentre proprio nel vedere la violenza della valanga e la fragilità di chi è rimasto sotto:
L’uomo non è che una canna, la più fragile di tutta la natura; ma è una canna pensante. Non occorre che l’universo intero si armi per annientarlo: un vapore, una goccia d’acqua è sufficiente per ucciderlo. Ma quand’anche l’universo lo schiacciasse, l’uomo sarebbe pur sempre più nobile di chi lo uccide, dal momento che egli sa di morire e il vantaggio che l’universo ha su di lui; l’universo non sa nulla.
Tutta la nostra dignità sta dunque nel pensiero. È in virtù di esso che dobbiamo elevarci, e non nello spazio e nella durata che non sapremmo riempire. Lavoriamo dunque a ben pensare: ecco il principio della morale (n.ro 370).
La conclusione è che la più grande sconfitta dell’uomo da parte della natura dovrebbe far pensare più all’uomo che alla natura.