Mi ha fatto sorridere un articolo di Gramellini pubblicato sul Corriere di alcuni giorni fa. L’articolo “denunciava” la crisi del desiderio e, più in particolare, del desiderio sessuale.
L’articolo cita la lettera di una mamma che, quando esce la sera con il marito, lascia il figlio di vent’anni da solo con la fidanzatina. All’inizio aveva qualche preoccupazione che potesse “succedere qualcosa”. Ma in tutti i rientri a casa, anche i più imprevisti, i due genitori hanno trovato i due ragazzi sempre a “a distanza di sicurezza”, qualche volta in stanze separate a chattare con gli amici. Per cui la signora e il marito, se prima erano preoccupati che potesse “succedere qualcosa”, adesso sono preoccupati perché non succede niente.
I vari sensi sono sottoccupati. Fa eccezione lo sguardo
Da qui Gramellini parte per interessanti considerazioni sulla morte del desiderio, appunto, e, in particolare, del desiderio sessuale. E cerca di spiegarlo “passando in rassegna” i vari sensi, tutti variamente sottoccupati: si ascolta poco, si odora ancora di meno, si tocca per caso… Con una eccezione: lo sguardo che, però, sovraoccupato, rischia di andare in tilt perché straimpegnato a fare anche quello che dovrebbero fare gli altri sensi.
Ho tirato fuori, da questa divertente lettura, due considerazioni.
Prima considerazione. A furia di strombazzare la libertà, tutte le libertà, si finisce per non guastarle più, quelle libertà. Mi sto sempre più convincendo che le vecchie proibizioni della vecchissima morale sessuale cattolica hanno contribuito in maniera decisiva a rendere particolarmente gustosa la sessualità. Si è parlato spesso del “gusto del proibito”, tanto più gustoso quanto più proibito.
Ormai è piuttosto evidente che la persona moderna, quando parla della Chiesa, deve parlarne in maniera critica. Si critica la Chiesa perché si è moderni e si è moderni perché si critica la Chiesa (chi la difende fa la figura del sagrestano. Ma, a ben pensarci, anche il sagrestano critica il suo parroco).
Perfino Papa Francesco ha detto che il piacere è un “dono di Dio”
Dunque, in futuro, proprio per essere, anche allora, moderni, si dovrà per forza continuare a criticare la Chiesa. Ma cambierà radicalmente il motivo della critica. Non si criticherà la Chiesa perché ha soffocato il desiderio sessuale, ma perché l’ha permesso e benedetto. Papa Francesco, recentemente, ha parlato del piacere come di un “dono di Dio”. Pensa un po’ te.
Quindi la Chiesa sarà sempre colpevole, ma colpevole di aver benedetto oggi quello che malediceva ieri: avendo levato i dinieghi che rendevano saporoso e il desiderio e il piacere, ha contribuito a farlo morire (non sarà difficile anche immaginare qualche sottile giornalista che, nei suoi dossier, spiegherà che la “benedizione” della sessualità è stata, in realtà, una strategia lucida da parte della Chiesa: lo ha fatto apposta a benedire il piacere, così lo ha fatto morire. Per cui la Chiesa sarà doppiamente colpevole: di aver fatto morire il desiderio e di aver fatto la furba).
Seconda considerazione. A proposito dello strapotere dello sguardo denunciato da Gramellini. Ci siamo dentro tutti, in questo strapotere. Che cosa significa, per esempio, lo strapotere dello sguardo per la liturgia? Molte cose, evidentemente. La liturgia “moderna” che piace al fedele di questi anni è una liturgia “spettacolare”, che si deve vedere molto e che, quindi, piace proprio perché si vede. Le liturgie esemplari sono quelle televisive, “belle”, “originali”.
Tutto comincia e tutto finisce con lo sguardo
La malìa dello sguardo, però, è anche quella che imprigiona: che fa cominciare tutto e finire tutto con lo sguardo. Basta vedere.
Con tanti saluti alla liturgia che nasce dalla vita e vi ritorna. Non interessa, infatti, che nasca dalla vita e tanto meno che vi ritorni, infatti. Basta che si veda.