Il “buon governo”, la “buona politica”, i credenti

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I due celebri affreschi del Palazzo comunale di Siena.
Due articoli della Costituzione.
La buona politica, il buon governo e i credenti

Ho iniziato questo articolo con due link.

Si tratta di due commenti visivi rispettivamente sugli affreschi “Allegoria del Buon Governo” e “Allegoria del Cattivo Governo” di Ambrogio Lorenzetti, datati 1338-1339 e situati nel Palazzo Comunale di Siena, nel Salone detto della Pace o del Consiglio dei Nove.

Il buon governo del Palazzo di Siena e la Costituzione

Tutto quello che c’è da dire e che potremmo dire come cristiani che intendono operare per il Bene Comune, è detto qui, dove tutto si fa derivare dalla “Sapienza e dalle virtù teologali (Fede, Speranza e Carità ; ricordo che: la Fede ci rende credenti, la Speranza ci rende credibili e la Carità ci rende creduti) e dalle virtù non teologali o cardinali: Giustizia, Fortezza, Prudenza, Temperanza.

Tutto quanto espresso in questi due affreschi può essere ben ricondotto ai due Artt. 3 e 4 della Costituzione:
– Art. 3: Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
(L’Art. 3 è poi ripreso dall’Art. 46, mai attuato, che recita: “Ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro e in armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende.)
– Art. 4: La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che
concorra al progresso materiale o spirituale della società.

Faccio notare, in particolare, che: “Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità……”  Abbiamo dunque un dovere da compiere, necessario perché la Democrazia possa essere compiuta nel nostro Paese.

La buona politica e il bene comune

E’ necessaria dunque una Buona Politica per il benessere dei cittadini, per liberarli dalla paura del futuro: buona politica significa servizio, mettersi a disposizione, ricercare il Bene Comune prima e al di là del proprio interesse o dell’ambizione personale.
Questo dobbiamo pretendere dalla Politica, ma anche da noi stessi. Non possiamo stare a guardare: la Politica è oggi come il viandante aggredito e saccheggiato sulla strada da Gerusalemme a Gerico, abbandonato ai lati della strada. E’ proprio il mandato che ci dà Gesù: di andare nel mondo per salvare il mondo; e la Politica in democrazia ne è lo strumento primario, che non possiamo lasciare nelle mani di chi l’ha aggredita e saccheggiata. Che cosa c’è di più impellente e di più fragile del “salvare la Democrazia con la buona Politica”? L’impegno personale e la carità verso il prossimo sono importanti, ma prima viene la Politica, che è, meglio, deve essere, la creatrice del Bene Comune.

Tuttavia il Bene Comune non può essere delegato: come dice l’Art. 4 della Costituzione, ogni cittadino deve cooperare al bene comune. Insomma, non possiamo pensare che tutto possa esaurirsi con il voto (almeno quello però!), ma richiede partecipazione agli organismi della democrazia: senza la nostra partecipazione la Democrazie cessa di esistere.

Come mostrano i due affreschi citati, la Cattiva Politica genera povertà, liti, guerre, odio, paura del presente e del futuro.

Per la buona politica il partito cattolico non serve

Dobbiamo quindi entrare in Politica, per salvare il Bene Comune: è questo il compito primario dei cristiani.

In passato, si era pensato che la soluzione fosse la creazione di un partito cattolico, la Democrazia Cristiana, ma abbiamo visto come è andata a finire; no, non è un partito cattolico di cui abbiamo bisogno (“partito cattolico” è fra l’altro un ossimoro), ma che noi cristiani sentiamo come nostro compito quello di entrare nei partiti portando lo spirito del servizio che nostro Signore ci ha insegnato.
E’ questo che ci unisce, che va oltre quella che, nel pensiero comune, è la “divisione” che viene generata dalla cosiddetta “appartenenza” politica. No, no, no: noi cristiani apparteniamo solo a nostro Signore e tali dobbiamo rimanere al di sopra non della “militanza”, che richiama alla guerra, ma della scelta di uno o l’altro partito come “veicolo” per concorrere al Bene Comune.

Di questo noi dovremmo dare testimonianza: di come possiamo amarci gli uni gli altri pur nella scelta personale ed opzionale di uno o l’altro partito.

La trasparenza, il rispetto reciproco, il servizio con competenza, ci devono contraddistinguere per generare buone relazioni pur da partiti diversi nella costruzione del bene comune.

Come ben descritto nell’affresco c’è una unità tra noi, che trascende le divisioni delle opinioni e dei pareri politici.

Non dobbiamo mai dimenticarcene.

La buona politica e l’inevitabile rischio della fede

Nemmeno dobbiamo dimenticarci, soprattutto in politica, di queste parole, tratte dal Vangelo di Giovanni 15, 18-19: “Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma vi ho scelti io dal mondo, per questo il mondo vi odia.” 
Sì, oggi è molto facile che capiti in politica di essere non tanto “odiati”, ma piuttosto messi da parte e considerati pericolosi, se non ci si adegua al pensiero dominante del capo, se siamo minoranza, se esprimiamo liberamente il nostro giudizio sui fatti e sulle decisioni da prendere. La dialettica in un partito è essenziale e se viene meno manca l’apporto della “visione”, che rende vivace e bella la Politica, la rende capace di ascoltare i cittadini e di elaborare soluzioni innovative ai nuovi bisogni.
Se manca la visione, la Politica si appiattisce ad amministrazione, che è la gestione dell’esistente; non sa più coinvolgere i cittadini, non sa scaldare i cuori, rende i cittadini apatici, allontanandoli dall’impegno politico. E la Democrazia ne soffre.

A questo punto si pongono le domande: “Tu che cosa vuoi? Che cosa ti aspetti dalla Politica? Che cosa pensi di fare per il Bene Comune?”

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