Papa Francesco e gli “scartati nel mondo”: ne parla spesso e, anche per questo, non smette di stupire. Si poteva intuire qualcosa del suo pontificato sin dal giorno della sua elezione con la scelta di un nome impegnativo come quello del Poverello di Assisi. Ma dopo alcuni anni possiamo onestamente dire che la qualità e la poliedricità del suo magistero trova certamente perno nell’annuncio evangelico della misericordia divina. Oltre che nel rinnovato principio dell’“opzione preferenziale dei poveri”.
Nelle sue coraggiose Encicliche, come ad esempio la “Laudato sì” e la “Fratelli tutti”, ciò che fa perno è senz’altro la rinnovata centralità del Vangelo nelle periferie dell’umano. Anche in questi ultimi giorni abbiamo avuto l’ennesima conferma. Nel videomessaggio di Francesco tenuto in occasione del IV incontro mondiale dei Movimenti popolari, il 24 ottobre scorso, il Papa ha accarezzato, incoraggiato e sostenuto i più umili del Pianeta, gli indigenti e gli scartati del mondo. Li ha indicati, anzi, come amati e privilegiati da Dio.
A questi ultimi della Terra Francesco annuncia la tenerezza e la misericordia del Padre. Li sprona e li sollecita a continuare ad aver fede nei loro sogni. Li chiama addirittura “poeti sociali” per la capacità e il coraggio che dimostrano ogni giorno nel rinnovare la speranza e la dignità di ogni persona umana.
In un tempo pandemico che ha costretto tutti a rinchiudersi in casa, a ridurre i contatti sociali, che ha aumentato a dismisura le disuguaglianze sociali, è toccata ai poveri, ai senza tetto, ai baraccati, ancora una volta, la parte peggiore. Senza una casa, senza la terra e senza un lavoro non può essere assicurata la dignità umana dei figli di Dio.
Non abbiamo più tempo! Bisogna cambiare questo sistema economico e finanziario “ecocida e genocida”, dice Francesco, rifacendosi agli insegnamenti sociali dei suoi predecessori. E per realizzare un vero cambiamento epocale rivolge un forte e vibrante appello a Dio perché tocchi la mente e il cuore dei potenti della terra.
Francesco è consapevole di non poter avere ricette e modelli da indicare per il cambio di paradigma economico e finanziario. Osa però rischiare e indicare due proposte possibili da percorrere. La prima è la creazione di salario minimo universale che possa garantire l’accesso ai diritti minimi di ogni dignità umana. La seconda è la riduzione dell’orario di lavoro per poter redistribuire quel lavoro che manca ai molti disoccupati e inoccupati.
E’ un deciso appello alla responsabilità di ognuno di noi. Un appello che riguarda soprattutto chi ha incarichi, compiti e mission politiche e sindacali di giustizia e di solidarietà sociale, tali da poter orientare una redistribuzione più equa delle risorse della Terra. Non ci si può più attardare nel ristretto orizzonte di difesa dei diritti dei propri sodali, perché i diritti sono tali solo se destinati a tutti.
Diversamente, come diceva sapientemente Gino Strada, i diritti riservati a pochi rischiano di trasformarsi inevitabilmente in veri e propri privilegi.