Giulia, la sua morte. I grandi problemi

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Il femminicidio di Giulia Cecchettin ha provocato molti commenti e svariate richieste. Tra queste, la domanda di una formazione ai rapporti con gli altri da parte della scuola. Ma la scuola non può fare tutto. Ed è illusorio chiedere che la scuola faccia quello che non riescono a fare e la famiglia e la società

Si parla molto del nuovo femminicidio di Giulia Cecchettin, tanto più ora che Filippo Turetta, l’assassino, è stato arrestato. In mezzo alla valanga di dichiarazioni, si è sentita quella di Elly Schlein, la quale ha chiesto che sia la scuola a insegnare agli alunni il rispetto degli altri. Richiesta prevedibile e, a modo suo, rivelatrice.

Le relazioni buone con gli altri si imparano vivendole

Alla scuola si chiede tutto. Sarebbe impressionante la lista delle cose che la scuola “deve” fare. Me ne vengono in mente solo alcune: educazione alla socialità, alla politica, allo sport, all’uso dei media, alla sessualità, al codice stradale, al pronto soccorso, eccetera eccetera. Poi, se ci sarà tempo, si potrà studiare anche italiano e matematica. 

Ci sono però dei “modi di fare”, degli “stili di vita” che si assimilano come si assimila il cibo che mangia. O si assimilano così, goccia a goccia, o non si assimilano mai. Lo stesso rispetto degli altri non è una cosa da imparare, ma è uno stile che si porta in tutte le cose che si imparano. Non è una materia scolastica o l’oggetto di una iniziativa estemporanea accanto alle altre, ma è un modo di studiare tutte le materie e di fare tutte le cose. Dappertutto, e anche a scuola.

Il rispetto degli altri non è una cosa da imparare, ma è uno stile che si porta in tutte le cose che si imparano

Per “far passare” il rispetto ci vuole perciò la società, e ci vuole la famiglia, soprattutto. I sociologi hanno certo molto da dire sul rapporto fra scuola e famiglia, ma è evidente che ognuna delle due ha bisogno dell’altra. La famiglia non può fare quello che fa la scuola. Non insegna, propriamente parlando, non dispone di gruppi e di strutture, non può socializzare, soprattutto, come può fare la scuola. Ma la scuola, da parte sua, non può fare la famiglia. I rapporti “plurali” che si vivono nella scuola non hanno nulla, e non possono avere nulla, dei rapporti calorosi che segnano le relazioni familiari. 

Le relazioni “corte” degli affetti sono in difficoltà

Poi ci dovrebbero essere tutti i rapporti non particolarmente definiti di parentele, amicizia, vicinato. Qui potrebbero entrare anche i buoni, gloriosi oratori, dove ci sono e dove funziono. Famiglia e società, insomma, fanno il molto che la famiglia non fa e non può fare. 

Famiglia e società fanno il molto che la famiglia non fa e non riesce a fare

Nel caso del femminicidio di Giulia Cecchettin sono le relazioni corte, quelle affettive, più calorose, e, con esse, quelle delle famiglie che ci stanno dietro, a entrare in crisi. La società è troppo vaga per tirarla in causa. E allora ci si rivolge, spontaneamente, al mondo alternativo sufficientemente chiaro per essere interpellato: la scuola.

Ma è un’illusione e non serve a nessuno. Di sicuro la scuola non ce la farà a “insegnare” anche questo. La voragine che si vorrebbe riempire resterà vuota. E l’invocazione alla scuola non farà altro che confermare quel vuoto.

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