Ancora su Giulia e sulla sua morte

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Il dramma incredibile. Tanto incredibile che tutti continuano a pensarci. Il “mostro” e la sua mania della fuga. Non siamo mostri, ma non siamo innocenti

Il mostro

“Non chiamateli più mostri, sono figli del patriarcato”. Così Elena Cecchettin, sorella di Giulia. C’è dentro un po’ tutto in questo disperato appello. Esiste un patriarcato, una cultura maschile e maschilista, penetrata e penetrante. Si sa che esiste, ma non si sa dove comincia e dove finisce. Questo è il vero mostro, anche perché assume i contorni fluidi di qualcosa che, appunto, c’è ma non si sa come. Si sa invece molto bene che colpisce e colpisce così, ammazzando a quel modo. 

La fuga

“La fuga disperata per oltre mille chilometri. ‘Portatemi in Italia’”. Filippo Turetta era fuggito. In realtà, tutta la sua mania omicida è stata all’insegna della fuga. Era fuggito già prima di uccidere Giulia e molto prima di scappare in Germania. La relazione era finita: non è stato capace di prendere atto e ha continuato a perseguitare la ragazza. Ha minacciato di volersi uccidere: cioè ha minacciato di risolvere i gravi problemi della sua vita uscendone. Poi, a quanto pare, non ne ha avuto il coraggio e ha deciso non di fuggire lui dalla vita ma di far fuggire Giulia, ammazzandola e ammazzandola a quel modo (poi, si spera, lui avrà il coraggio di raccontare come ha fatto morire la ragazza. Ma ci è consentito già da ora di immaginare qualcosa di come sia stata quella morte).

“Portatemi in Italia”

Così pare abbia detto alle autorità tedesche. Furiosamente in fuga prima, ansiosamente desideroso di ritornare, adesso. Così pare che torni, rapidamente, grosso modo da dove è partito. Ma vi ritorna perché sono gli altri che ve lo riconducono. Perché è in arresto, ovviamente. Ma è un particolare che concorda perfettamente con tutto il resto. Torna per “assumersi le sue responsabilità”, ma torna condotto da altri. Ancora una volta: fa le cose che deve fare se è obbligato a farle. Le cose che lui ha deciso liberamente sono sempre state le stesse: fuggire. 

Figlia e sorella di tutti. Rischi

Le simpatie per la sventurata Giulia sono trasversali. Tutti sono stati colpiti da un dramma di quella gravità. E’ la nostra viscerale passione per le vittime. Siamo dalla parte dei bambini ebrei uccisi da Hamas, siamo dalla parte dei palestinesi uccisi da Israele, siamo dalla parte di Giulia. 

in questo generale “prendere la parte” è inevitabile un rischio: la eccessiva semplificazione. Da una parte, il mostro: Filippo Turetta. Che mostro lo è in effetti. Ma essendolo in modi così smaccati attrae su di sé tutte le possibili forme di riprovazione e di accusa. Le molte accuse fondate rivolte contro di lui collocano tutti gli accusatori nello stato di sicura innocenza. 

Questo è il guaio di questi fatti: far credere che si è tutti innocenti solo perché non si è ammazzato la propria donna, il proprio vicino di casa, il proprio collega di lavoro. È vero che non abbiamo ucciso. Non è vero che siamo innocenti. Di affetti malati è pieno il mondo, anche il nostro mondo. Ed è forma elementare di saggezza saperlo.

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