Fatti (molto) diversi: il caldo e il ricordo del “Codice di Camaldoli”

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Fatti (molto) diversi: il caldo e il ricordo del “Codice di Camaldoli”

Il gran caldo. L’informazione diventa “materna”

La grandine, ieri, a Bergamo

Continua il caldo. Tra un picco e una tromba d’aria, tra una grandinata e un nubifragio si cerca di sopravvivere. Sulle TV, sui siti, sui giornali si moltiplicano le molte, diverse, frequenti raccomandazioni: cosa mangiare, cosa bere, come comportarsi… Ci fanno la lista – spesso lunghissima – delle città con il “bollino rosso”. 

L’eccesso di informazione crea anche un eccesso di cura. Si potrebbe dire che, quando sorgono emergenze, la società, e soprattutto l’informazione, assumono un atteggiamento che, semplificando un poco, si potrebbe dire prevalentemente materno: “fai questo”, “non fare quest’altro”, “non uscire”…

Curioso. Molti sociologi ci dicono che la madre, nella nostra società, spesso latita e il padre spesso è assente. Così i ruoli in crisi vengono trasferiti sulla società e alle realtà educative della società: l’informazione, appunto, e, massicciamente, la scuola.

Sono tentato di spulciare la stessa informazione su un certo periodo significativo per vedere che cosa, secondo l’informazione, dovrebbe fare la scuola. Penso che debba fare tutto: deve educare alla socialità, alla legalità, al rispetto, alla politica, all’economia, al sesso, alla lettura critica di giornali e TV, all’uso della rete… a tutto.

Dopo, se troverà il tempo, la scuola educherà anche alla matematica e all’italiano. Ma questo non è essenziale perché, prima o poi, una promozione all’anno successivo non la si nega a nessuno.

Il codice di Camaldoli. Gli intellettuali di ieri e di oggi. E la politica

Il monastero di Camaldoli

Se ne parla in questi giorni per via della data. Dal 18 al 22 luglio del 1943 si trovano a Camaldoli un gruppo di cattolici che danno vita al cosiddetto “codice di Camaldoli”, un documento che sarà di riferimento importante per l’elaborazione del testo della Costituzione. C’erano Guido Gonnella, Giorgio La Pira, Aldo Moro, Giulio Andreotti, Vittore Branca, Paolo Emilio Taviani, Alcide De Gasperi. La relazione introduttiva venne tenuta da mons. Adriana Bernareggi, vescovo di Bergamo.

Si sono recati, ieri, a Camaldoli, per ricordare l’evento, il presidente Mattarella, insieme con il segretario di Stato vaticano, il cardinal Pietro Parolin.

I protagonisti di Camaldoli sono degli intellettuali, cattolici, appunto. Che, però, pensano “laicamente” l’assetto dello Stato post fascista. Hanno letto Maritain e Mounier e immaginano una società democratica e accogliente. Mi pare interessante questa funzione aggregante degli intellettuali. Le idee unificano e l’unità si fa non imponendo la propria forza ma convergendo con la forza degli altri. 

Mi domando se la povertà della politica di oggi sia l’effetto – anche – di una povertà di idee a monte. Gli intellettuali di oggi, mediamente, pensano poco e incidono ancora di meno. E, anche quando pensano, pensano più a se stessi che a tutti.

Ora, è inevitabile: un pensiero poco politico produce poca politica. 

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