La tensione all’equità accompagna tutta la storia umana; in particolare i movimenti a fine ‘800 e inizio ‘900 (e i relativi pensatori) segnano il raccordo tra le situazioni reali e l’anelito all’equità.
In particolare è interessante seguire Amarthya Sen[1]nel suo incipit: … la domanda fondamentale nell’analizzare e giudicare la diseguaglianza risulta «Eguaglianza di che cosa?». Reddito? Benessere? Possibilità? O meglio Occasioni? Ancora Sen introduce l’idea di capabilities; termine non direttamente traducibile in italiano ma che potremmo esprimere con “capacitazioni”, ovvero occasioni di esprimere le proprie abilità, i propri talenti. Posto di essere in grado di scegliere una interpretazione, si affaccia il percorso di “misurare” i dati reali: rispetto al lavoro, alle condizioni di vita, alle capacità.
Siamo un paese immobile e diseguale. I figli dei ricchi sono più probabilmente ricchi e i figli dei poveri sono più probabilmente poveri. Quella speciale lotteria che è la nascita fa in modo che il futuro non sia uguale per tutti. In Italia i ricchi sono non soltanto molto più ricchi dei poveri ma anche, in generale, figli di ricchi. Le disuguaglianze si ereditano, come le opportunità, che troppo spesso sono distribuite per nascita piuttosto che per merito.
Per la maggioranza dei giovani italiani la ‘scalata’ sociale ed economica è impossibile e ampie distanze la separeranno sempre dal ristretto gruppo dei ‘più fortunati’. Per ridare mobilità economica e sociale all’Italia, per intraprendere una battaglia di modernizzazione, per fare in modo che le ‘scalate’ tornino a essere possibili, occorre agire su quelle manifestazioni della disuguaglianza nei redditi e nelle ricchezze che oltre a essere inaccettabili sono ostacoli alla vera eguaglianza delle opportunità.
Come è accaduto in altre epoche storiche, potrebbe essere che partendo dalla disuguaglianza si vada molto lontano. Forse più lontano di dove si può andare parlando in modo ossessivo e a ore alterne di austerità e di crescita. Ma come intervenire sulle diseguaglianze? Appare difficile facendo ricorso soltanto alla redistribuzione. In una nota di autorevoli economisti si afferma che “invece di produrre crescita alcune politiche neoliberali hanno accresciuto la diseguaglianza che, a sua volta, ha reso più fragile l’espansione”.
Hacker che ha coniato il termine predistribuzione, ha osservato che sono stati rilevanti non soltanto le politiche fatte ma anche quelle omesse, e menziona come esempio di queste ultime gli interventi che avrebbero potuto essere diretti a permettere una migliore conciliazione tra lavoro e famiglia. Appare inoltre limitativo concepire la predistribuzione come una politica diretta esclusivamente ad elevare i salari, invece piuttosto diretta alle uguaglianze delle opportunità.
Dunque, per contrastare la disuguaglianza occorre porsi obiettivi ampi, numerosi e piuttosto radicali. L’effetto ultimo degli interventi dovrebbe essere quello di rafforzare chi è debole nel mercato e indebolire chi è troppo forte. Disegnare accuratamente ciascuna di queste politiche e fare in modo che esse siano ben coordinate tra loro è un compito non semplice, poiché sono chiamati in causa livelli di governo diversi.
La marcia verso l’uguaglianza. Il progresso umano esiste; basta osservare lo sviluppo umano registrato nei settori della salute e della istruzione. La speranza di vita alla nascita nel mondo è passata dalla media di 26 anni circa nel 1820 a 72 anni nel 2020. all’inizio del XIX secolo, la mortalità infantile colpiva, nel corso del loro primo anno di vita, circa il 20% dei neonati del pianeta contro meno dell’1% di oggi. All’alba del XIX secolo, appena il 10% della popolazione sopra i 15 anni era alfabetizzato, contro l’oltre 85% di oggi.
Questo grande balzo in avanti, tuttavia, non ha fatto che spostare in avanti anche le disuguaglianze. Le disparità di accesso all’istruzione e alla salute di base continuano a restare fortissime tra il Nord e il Sud del mondo; la marcia verso l’uguaglianza procede per tappe graduali. Man mano che l’accesso a determinati diritti e beni fondamentali si apre progressivamente all’insieme della popolazione, nuove disuguaglianze compaiono a un grado più elevato, ed esigono nuove risposte.
Occorre però sottolineare come il progresso umano non si è mai presentato come “evoluzione naturale”; si è invece sempre inscritto all’interno di processi storici e lotte sociali specifiche.
[1] Amartya Kumar Sen (Santiniketan, 3 novembre 1933) è un economista e filosofo indiano, Premio Nobel per l’economia nel 1998, professore presso la Harvard University. Partendo da un esame critico dell’economia del benessere, Sen ha sviluppato un approccio radicalmente nuovo alla teoria dell’eguaglianza e delle libertà.