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Elezioni del tempo di guerra

Le elezioni europee del 2024 sono elezioni del tempo di guerra. Una che si combatte ad Est dell’UE, scatenata da Putin contro l’Ucraina, una sul lato Sud-Est, lanciata da Hamas contro Israele.

Lo scenario, dentro il quale si muove l’Unione europea, è stato descritto un anno fa da Mario Draghi nei seguenti termini: ci siamo affidati agli Usa per la sicurezza, alla Russia per l’energia, alla Cina per i commerci.

Questi tre pilastri si stanno sgretolando.  Per fermarci al primo: non è affatto sicuro che gli Usa vogliano continuare in quest’opera di supplenza nei nostri confronti. Trump ha già dichiarato che gli Europei si devono arrangiare e che, se vogliono stare nella NATO, paghino il dovuto. Non è solo questione di soldi. Da sempre l’attenzione geopolitica degli USA è rivolta al Pacifico. Se non fosse stato per Pearl Harbour, gli Americani non sarebbero mai entrati nella Seconda guerra mondiale, non sarebbero corsi in aiuto dell’Europa. Questa volta il Pacifico non è il Giappone, ma la Cina. La quale è decisa ad annettersi Taiwan. La vuole non solo come rivendicazione patriottica, dai fondamenti storici piuttosto labili. La vuole, perché la sua occupazione consente ai Cinesi il controllo in uscita del Mar Giallo e l’affaccio aggressivo sul Mar delle Filippine. La posta in gioco è, dunque, l’intero Pacifico. Ne sono coinvolti immediatamente la Corea del Sud, il Giappone, l’Australia, la Nuova Zelanda. 

Noi europei, “sonnambuli sui tetti”

Così noi Europei siamo invitati a provvedere da soli alla nostra difesa contro l’imperialismo russo di ritorno, contro il terrorismo, contro l’islamismo fondamentalista.

Mentre alcuni giganti – Usa, Cina, India, Russia – e medie potenze – Turchia, Iran, Nigeria, Brasile, Indonesia – competono, per ora pacificamente, per il proprio ruolo nell’arena mondiale, gli Stati europei per un verso diventano oggetto della competizione mondiale e per l’altro competono principalmente tra di loro. Il mondo sta camminando pericolosamente sull’orlo di una Terza guerra mondiale catastrofica e noi Europei ci aggiriamo come sonnambuli sui tetti. Piacerebbe a tutti vivere in un mondo pacifico. Quello di oggi non lo è. Il cammino verso la kantiana “pace perpetua” è ancora molto lungo e tormentato.

Le prossime elezioni devono pertanto creare le condizioni per definire il soggetto-Europa e la sua missione nel mondo. Il primo imperativo è quello di costituirsi come soggetto di politica mondiale e come potenza di intermediazione pacifica tra le grandi potenze. 

Un’Europa federale. Da inventare

Come farlo? E’ ormai assodato che la vecchia UE non è in grado di camminare su questa strada. Gli Stati europei non sono affatto “uniti”. Hanno radici comuni, ma bagnate dal sangue di guerre secolari feroci, hanno valori comuni, che vengono dall’eredità greco-romana e giudaico-cristiana, ma hanno le gambe gracili e vanno in direzioni diverse.

La struttura decisionale intergovernativa dell’Unione europea ne paralizza l’azione internazionale. I singoli Stati, rappresentati dai loro Governi, trattano tra loro, non sulla base degli interessi comuni degli Europei, ma di quelli dei singoli Stati.

L’esercizio del potere di veto, che ciascuno Stato può esercitare, non è la causa della paralisi, è l’effetto di una struttura istituzionale confederale. La prima condizione perché l’UE eserciti un ruolo nel mondo è la sua unità politica. Il modello intergovernativo è arrivato fin qui. Di qui in avanti occorre passare ad un altro livello: quello dell’unità non solo della moneta, ma della politica estera, della difesa – serve un polo europeo della Nato – del fisco, del bilancio. Serve un’organizzazione politico-istituzionale federale.

Negli USA, il bilancio federale arriva al 44%, in Europa è al 2%. La retorica nazionalista – “meno Europa, più Italia” di Salvini – e quella neo-gollista delle “piccole patrie” della Meloni può far gonfiare qualche petto nei comizi, ma è la via dell’impotenza europea. Se la pace consiste nello starsene ai margini della competizione per la costruzione di un nuovo ordine mondiale, diventeremo vittime di guerre altrui.  

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Cominelli

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