Come votano i cattolici. Intervista a Nando Pagnoncelli

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Non esiste un elettorato orfano composto di cattolici in attesa di un partito.
Le ideologie sono tramontate e le scelte si sono frammentate
Le scelte dei cattolici sono poco influenzate dalla loro fede

Di tanto in tanto, nel dibattito pubblico, ritorna la questione del ruolo (almeno apparentemente in declino) dei cattolici nella vita politica italiana. Con Nando Pagnoncelli, presidente dell’agenzia di indagini demoscopiche Ipsos, abbiamo voluto affrontare questo tema «dal basso», considerando cioè l’attuale distribuzione e le linee tendenziali del «voto cattolico».

Di solito, affrontando l’argomento, ci si domanda se esista oggi un potenziale bacino di voti per una forza politica con un programma ispirato ai valori cattolici. 

«È un interrogativo datato, legato a un modo ancora novecentesco di considerare la politica italiana: l’assunto di partenza è che, dopo la scomparsa della Democrazia Cristiana, rimarrebbe un elettorato orfano, in cerca di un approdo politico che sia in sintonia con i suoi valori. Questa lettura è fuorviante: non tiene in considerazione né i cambiamenti radicali a cui nel frattempo è andata incontro la società italiana, né le trasformazioni dello stesso mondo cattolico».

Tra questi mutamenti, quale ha inciso più profondamente?

«A mio modo di vedere, la novità più rilevante è consistita in un processo di frammentazione identitaria che si è accompagnato al “tramonto delle ideologie”. In un suo bellissimo libro del 2002 (Destini personali: l’età della colonizzazione delle coscienze), il filosofo Remo Bodei si soffermava sull’avvento di un “io multiplo e malleabile”: rispetto a un non lontano passato, la prevalenza di questo “io patchwork” determina non solo una sorta di multi-appartenenza, ma anche una serie di atteggiamenti individuali che risultano contraddittori, senza però che le persone ne abbiano consapevolezza». 

Ce ne può fare qualche esempio?

«Pensiamo al ritratto dell’operaio del Nord Italia che già emergeva nelle ricerche demoscopiche degli anni Novanta: iscritto alla CGIL, elettore della Lega Nord di Umberto Bossi e assiduo partecipante alla Messa della domenica (senza avvertire alcuna dissonanza valoriale tra questi tre aspetti). Un altro caso: quello della persona impegnata in attività di volontariato con i disabili, ma pienamente favorevole ai respingimenti dei migranti. E ancora: chi espone orgogliosamente sul proprio balcone la bandiera della pace ma poi litiga furiosamente con i vicini di pianerottolo nell’assemblea condominiale».

L’identità individuale come uno specchio rotto, in cui è difficile rimettere insieme i frammenti di vetro.

«Sì, e d’altra parte è anche difficile, oggigiorno, stabilire su quali valori oggi i cattolici effettivamente convergano. Nel nostro Paese, i praticanti assidui sono il 18% della popolazione e i saltuari il 29%: ma le posizioni etiche e politiche sono assai diversificate, che si parli di bioetica e fine vita, di diritti individuali, di sostenibilità ambientale, delle guerre in corso, di accoglienza dei migranti, di tasse ed evasione fiscale. La fede condiziona sempre meno l’agire del credente: sembra prevalere una religiosità à la carte, per cui del Vangelo e del magistero della Chiesa si accetta o si rifiuta ciò che è in sintonia con il proprio stile di vita».

E gli orientamenti politici dei cattolici?

«Appaiono poco o per nulla ispirati del credo religioso: lo dimostra il fatto che il partito più votato dai praticanti assidui è risultato il PD alle europee del 2014, il M5s alle politiche del 2018, la Lega alle europee del 2019 e Fratelli d’Italia alle politiche del 2022. Si ha una conferma di quello che Papa Francesco ha definito “uno scisma tra l’io e il noi”: perché, di volta in volta, l’orientamento del voto è determinato dall’aspettativa di un miglioramento della propria situazione individuale e familiare, in caso di successo di un dato partito (aspettativa che regolarmente viene poi delusa). Prevale un disinteresse per il bene comune, in antitesi al concetto di “politica come forma più alta di carità” (un’idea particolarmente cara a Paolo VI, ma già presente nel magistero di Pio XI). Insomma, fede e politica sono frammenti in larga misura sconnessi dell’identità individuale. Ecco perché mi sentirei di dire che l’ipotesi del ritorno sulla scena di un “partito dei cattolici” oggi rappresenta una pia illusione».    

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