Bucha. L’inquietante miscuglio di morte e vita

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I giornali di oggi si aprono con le notizie del massacro di Bucha.
Tutto è impressionante in questa vicenda

Le immagini dei cadaveri abbandonate per strada, quelli intrappolati nella loro macchina schiacciata dai carri armati russi, quelli sepolti disordinatamente nei giardini delle case, quelli abbandonati negli scantinati… E vengono in mente tante cose.

Si muore dove si vive e si vive dove si muore

A Bucha avviene una cosa innaturale: morte e vita si mescolano, tragicamente. Non solo perché è arrivata la guerra con le sue stragi là dove la gente viveva. Ma anche perché, dopo che la guerra se ne è andata, i morti sono “di casa”: nelle strade e nei giardini. Questa è una forma di drammatico ritorno all’indietro, a forme arcaiche di cultura.

Nelle nostre città vita e morte sono accuratamente distinte: dove si vive non si muore e viceversa. La collocazione dei cimiteri fuori dei centri abitati o al loro margine è la conseguenza più evidente di quella ovvia verità: la città dei morti deve essere accuratamente distinta dalla città dei vivi. Può succedere però, talvolta, anche il contrario. Di tanto in tanto, cioè, si viene a sapere, che dei senza casa si rifugiano per vivere e soprattutto per dormire nei cimiteri: si vive dove si muore.

La guerra, quella di Bucha soprattutto, ha reso crudamente reali tutti e due quegli assurdi: prima la gente è stata ammazzata mentre viveva nelle proprie case e passava nelle proprie strade, poi i cadaveri hanno segnato della loro inquietante presenza e le strade e le case. Si muore dove si vive e si è costretti a vivere dove si muore.

Uno strano, attualissimo racconto del Vangelo

Viene in mente quel passaggio, strano, del vangelo, quello che racconta dell’indemoniato di Gerasa, che si trova nel vangelo di Marco (5, 1-20). L’indemoniato “aveva la sua dimora fra le tombe”, racconta Marco. Non solo, ma è come squassato da strane forme di violenza: “Nessuno riusciva a tenerlo legato, neanche con catene, perché più volte era stato legato con ceppi e catene, ma aveva spezzato le catene e spaccato i ceppi, e nessuno riusciva più a domarlo”.

Tanto che il lettore si domanda: ma è stato emarginato perché violento o viceversa: è diventato violento perché messo ai margini della vita sociale? Gesù aggredisce i demoni che si sono impossessati dell’uomo, li spedisce in un branco di porci i quali si mettono a correre a precipizio giù dal monte sul quale stanno pascolando e annegano nel lago sottostante. Alla fine, l’indemoniato lascia i sepolcri e torna a vivere in città.

La guerra avvia una forma di imbarbarimento demoniaco dell’uomo che commina morte a chi vive e costringe chi vive a vivere con i morti. Bucha lo dimostra.

Restiamo in attesa di qualche miracolo. Solo che gli indemoniati sono tanti e i taumaturghi capaci davvero di fare miracoli sono pochi. Di conseguenza, l’attesa si colora, inevitabilmente, di grande, profonda  inquietudine.

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