
Un bambino fatto di luce, con le forme appena abbozzate da cinque linee curve, piccolo e nudo, è deposto sulla terra; la madre lo contempla, assorta, tra due angeli. Il fondo stellato è scandito da due esili palme: tutto è immerso nel blu, blu su blu.
I due angeli fanno da quinta alla scena dove protagonista è la luce che si riflette dal Figlio alla Madre e torna dalla Madre verso il Figlio.
Flussi di luce soffusa rivelano stelle e, soprattutto, affetti, sentimenti e messaggi: l’angelo a sinistra tende la mano verso il Bambino, come a proteggerlo dal ramo di palma che porta come annuncio di martirio; l’angelo di destra piega la testa concentrato sulle mani che pizzicano i sottili fili di un’arpa fatta di luce, annuncio di armonia.
Pietro Cambianica dipinge questa piccola tela nel 1910. Ha da poco superato i vent’anni e ha concluso gli studi alla scuola dell’Accademia Carrara meritandosi una medaglia di bronzo e una menzione nella scuola del Colorito superiore.
Presenta il dipinto per concorrere alla borsa di studio della Confraternita dei Bergamaschi di Roma: non vince, si classifica secondo; il suo maestro (ed estimatore) Ponziano Loverini scrive nella motivazione: “…nei bozzetti del Cambianica rilevo sentimento e ingegnosità religiosa.”
Pietro Cambianica dipingerà ancora solo per cinque anni, e solo nella nativa zona di Adrara, nell’alta Valcalepio. Nel 1915 viene chiamato alle armi; indebolito dagli stenti e dalle ferite, muore pochi giorni dopo la fine della “Grande” guerra – tremenda carneficina – colpito dalla febbre spagnola.
Viene dimenticato e con lui viene dimenticata anche la piccola Natività blu.
Solo negli anni ottanta del ‘900 la critica d’arte inizia a ricordare Pietro Cambianica.
Con grande sobrietà di mezzi, Cambianica ottiene effetti intensi e inattesi; esprime sentimenti, anche reconditi, con calcolato rigore di purezza.
Attento al discorso artistico europeo – tra suggestioni simboliste, preraffaelite e Nabis – applica la tecnica divisionista in modo originale, non con intenti di ricerca sulle verità scientifiche intorno alla luce, ma luce come strumento per dare forma all’idea.
Con la “Natività blu” l’arte torna alle forme delle rappresentazioni del Natale come tra i primi cristiani.
Nei primi secoli del cristianesimo sono rare le rappresentazioni di presepi; la Natività viene rappresentata sulle sepolture con tre figure: maternità, luce, profezia.
La più antica rappresentazione – nota al momento, che risale al secondo secolo – tratteggia in monocromo color seppia la Madre con il Bambino – che si volta rivolto a chi guarda – una stella e, a lato, la figura profetica che indica stella e Bambino.
Le tre figure significano il Natale – autentico, essenziale – illustrato prima che il diffondersi di narrazioni – dai Vangeli Apocrifi, da la “Legenda aurea” di Jacopo da Varagine, anche da secoli di ispirazione di artisti e fantasie di devoti – arricchissero le scarne narrazioni della Scrittura creando la magia dei nostri presepi.
Pietro Cambianica torna all’essenza delle origini; declina i linguaggi più moderni ad una sua propria ispirazione e racconta di un parto sotto la luce di una stella tra due profezie: prima la Passione, poi l’eterna Armonia.