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Pasqua. “Sfasciami il cuore, Dio…”

Una poesia di John Donne
Il fascino indefinibile dell’arte.
L’attrattiva indefinibile della fede

L’amico e collaboratore Giulio Brotti ci ha inviato il mirabile sonetto di John Donne, il Holy Sonnet XIV. Lo proponiamo ai nostri lettori, come utile prolungamento della contemplazione della Pasqua

Sfasciami il cuore, Dio di tre persone,

Che finora hai bussato, bisbigliato,
Fatto luce e cercato di correggermi:
Se vuoi che m’alzi e resti in piedi, abbattimi,
Spezzami, bruciami, e rifammi nuovo.

Come città usurpata, a un altro debita,
Brigo per farti entrare, inutilmente:
La ragione, che in me è il tuo viceré,
E dovrebbe aiutarmi, è prigioniera,
E si dimostra debole o fallace.

Eppure t’amo, e vorrei esser riamato,
Ma son promesso sposo al tuo nemico:
Sciogli, spezza quel nodo tu, divorziami,
Rapiscimi, imprigionami, perché

O mi fai schiavo o non sarò mai libero,
O mi violenti o non sarò mai casto.

P. S. Proviamo a gustare la suggestiva convergenza fra l’indicibile della fede, e soprattutto della Pasqua, e l’indicibile della poesia. Il fascino dell’allusione che permette di continuare instancabilmente ad alludere e di trovare il nostro gusto più profondo nel non trovare mai e di continuare a cercare…

Alcuni temi che si possono riprendere:

  • Suggestivo il tema di Dio come grande “usurpatore” (è il tema caro al teatro del primo Claudel, suggestionato dall’esperienza traumatica della conversione). Lo stesso Donne, d’altronde, si sente “città usurpata”.
  • L’immagine dell’usurpatore si lega con quella “sponsale”. “Eppure t’amo… Divorziami, rapiscimi…”.
  • Si può ricordare anche l’impegnativa immagine evangelica: “il regno dei cieli soffre violenza e i violenti se ne impadroniscono” (Mt 11, 12).

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