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Pasqua. La danza di Dio

“Io crederei solo a un Dio che sapesse danzare” (Nietzsche)

L’affermazione provocatoria di Nietzsche.
Ma il Dio della Bibbia ha danzato, nei profeti, in Maria.
“Più forte degli inferi è l’amore”

“Io crederei solo a un Dio che sapesse danzare”. Sono le parole che Nietzsche in “Così parlò Zarathustra” mette in bocca all’antico profeta persiano per dire che, al contrario, il Dio cristiano è immobile, lontano e triste come sono i suoi fedeli i quali “non seppero amare il loro dio in altro modo se non crocifiggendo l’uomo”.

Le nostre facce corrucciate non hanno incontrato il Dio della danza

Peccato che noi, cosiddetti credenti, abbiamo mostrato per lo più facce corrucciate e sguardi incupiti sempre pronti a scrutare il male e incapaci di meraviglia per tutta la bellezza che ci è stata donata.

Peccato che non siamo riusciti a incontrare il nostro Dio.

Ci siamo fermati prima, sedotti da piccoli dei ai quali ci siamo devotamente inginocchiati.

Non abbiamo sentito il canto dei tanti Magnificat che dai Salmi sono arrivati fino a Maria, non abbiamo partecipato alla festa di Davide quando “danzava con tutte le sue forze davanti  al Signore” (2Sam 6,16), né siamo stati rapiti dagli antichi profeti, ebbri di Dio…

Sì, perché questi, invece, hanno visto che Dio danzava, danzava nel roveto ardente, nella nube che accompagnava il popolo nel deserto, nella lotta con Giacobbe, nel mormorio del vento leggero di Elia, come nella grandiosa liturgia che accompagna la vocazione di Isaia, che faceva vibrare gli stipiti delle porte:

Santo santo santo è il Signore dell’universo
Tutta la terra è piena della sua gloria”.

La danza continua nel sì di una giovane donna, e poi si irradia nella festa del cielo per quella “pietra che, scartata dai  costruttori, è diventata testata d’angolo” (Sal 118,22):  la follia di chi fa diventare il luogo del rifiuto, il luogo della grazia.

È la vittoria di quel Dio che “ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna” (Gv3,16).

“La notte non è ancora finita, ma già fa giorno”

La potenza dell’amore che ha la forza di vivificare la morte e scardinare le porte degli inferi perché

più forte degli inferi è l’amore
le grandi acque non potranno travolgerlo
né i fiumi sommergerlo” (Ct 8,7)

A noi l’invito a entrare nella danza, anche se sappiamo che i passi non sono facili, perché siamo gravati dalla fatica e dalle contraddizioni dell’umano.

Allora, per non battere sentieri aridi e strade a fondo chiuso, occorre metterci sulle orme di Gesù, seguire il ritmo della sua vita per riuscire a entrare in sintonia con la danza del cielo.

Non si tratta di un ballo alienante, perché il Risorto porta sempre in sé le stigmate della passione, a ricordarci a quale prezzo è l’amore. Tuttavia coltiviamo la speranza che, al seguito di Cristo, siamo già in qualche modo trasfigurati e luminosi perché Lui ha detto: “Io ho vinto il mondo”.

Certo, l’umanità vive ancora nel vecchio, ma è già al di là di esso; certo, vive ancora in un mondo di peccato, ma è già al di là del peccato. La notte non è ancora finita, ma già fa giorno”. (Bonhoeffer)

Questo è il nostro Osanna.

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