Marc Chagall: il Cantico dei Cantici e il sogno della pace 

“Amate i vostri nemici”
Febbraio 23, 2025
Meno tasse soltanto per i più ricchi
Febbraio 25, 2025
Gerusalemme e Israele sono ancora al centro degli interessi e delle preoccupazioni.
La guerra ci esclude ancora dagli spazi della città santa.
Francesco Parimbelli, pittore, attraverso Chagall, ci guida a una rivisitazione della Bibbia e soprattutto della grande poesia amorosa del Cantico dei Cantici

Marc Chagall e la Bibbia

Gerusalemme città della pace, città del Signore verso la quale salgono i popoli nella gioia, città della nostalgia, desiderata e sognata nell’esilio e nella dispersione, città che prefigura la casa celeste dove abitare come fratelli.

Gerusalemme è però, tragicamente, anche la città della contesa, dell’incomprensione e della violenza tra popoli vicini nello spazio, lontanissimi nel cuore.

Il pittore Marc Chagall ha conosciuto molto presto la nostra incapacità di vivere pacificamente: il giorno stesso della sua nascita il villaggio in cui abitava la famiglia viene attaccato dai cosacchi durante un pogrom e la sinagoga è data alle fiamme. 

Marc Chagall è nato a Vitebsk nel 1887 e morto a Saint Paul De Vence nel 1985, pittore bielorusso naturalizzato francese, d’origine ebraico chassidica (nella sua famiglia si parlava yiddish), fin dagli anni giovanili è affascinato dalla Bibbia ma è solo a partire dagli anni ’30 che se ne interessa profondamente e inizia a studiarla con dedizione spinto anche dalla commissione di una serie di opere dedicate al tema biblico ricevuta dall’editore e mercante d’arte francese Ambroise Vollard. Sono gli anni dei viaggi nei luoghi delle Scritture: Egitto, Siria, Palestina.

Da qui in poi la Bibbia occuperà l’intera produzione artistica dell’autore, in particolare ad essa l’artista dedica una serie di grandi lavori raccolti oggi a Nizza nel Musée National Message Biblique. 

Prima di soffermarci a guardare alcuni di questi dipinti leggiamo ciò che il pittore scrive introducendo il suo lavoro: ”Fin dalla mia prima giovinezza, sono stato affascinato dalla Bibbia. Mi è sempre sembrato e ancora mi sembra che sia la più grande fonte di poesia di ogni tempo. Fin da allora, ho cercato questo riflesso nella vita e nell’Arte. La Bibbia è come una risonanza della natura, e questo segreto ho cercato di trasmetterlo.

Secondo le mie forze, durante tutta la mia vita, sebbene abbia talvolta l’impressione di essere assolutamente un altro; di essere nato, si potrebbe dire, tra cielo e terra; che il mondo sia per me un grande deserto, in cui la mia anima vaga come una fiaccola, ho fatto questi quadri all’unisono con questo sogno lontano. Ho voluto lasciarli in questa Casa perché gli uomini cerchino di trovarvi una certa pace, una certa spiritualità, una religiosità, un senso della vita. 

Questi quadri, nel mio pensiero, non rappresentano il sogno di un solo popolo, ma quello dell’umanità. 

(…) Forse in questa Casa verranno i giovani e i meno giovani a cercare un ideale di fraternità e d’amore, così come i miei colori e le mie linee l’hanno sognato. E tutti, qualsiasi religione abbiano, potranno venirvi e parlarvi di questo sogno, lontano dalla malvagità e dall’eccitazione.

(…) È possibile questo sogno? Ma nell’Arte, come nella vita, tutto è possibile se, alla base, c’è l’Amore.”


Il Cantico dei Cantici 

In ognuna delle grandi tele, ciascuna dedicata a un singolo episodio biblico, il pittore raduna anche una molteplicità di figure, episodi, temi, rimandi, come ad indicare che la storia della salvezza è una cosa sola ed abbraccia in uno sguardo un lungo tempo e un lungo cammino.

Chagall dedica al Cantico dei Cantici un’apposita sala del museo che ospita cinque dipinti.

Per comprendere profondamente il Cantico bisogna leggerlo avendo sullo sfondo il cap. 2 di Genesi, il più antico tra i due racconti della creazione.

Lo sposo e la sposa del Cantico sono la coppia umana tornata nel paradiso terrestre, sono Adamo ed Eva che rientrano nel luogo da cui sono stati cacciati. Quando un uomo e una donna si incontrano, nel momento più felice del loro incontro amoroso ed erotico, rinnovano l’incanto dell’Eden, l’originaria condizione di grazia.

E il sonno di Adamo da cui sorge Eva, è il modo poetico di descrivere l’accadimento amoroso. Il desiderio dell’altro ha sempre origine in un luogo inaccessibile, che non si può violare o creare artificiosamente, ma che semplicemente accade davanti agli occhi. Innamorarsi è sempre come svegliarsi da un lungo sonno, aprire gli occhi e, nello stupore e nella riconoscenza, vedere in modo assolutamente nuovo quella che fino ad un attimo prima era un essere come tutti gli altri. L’apparizione della donna, e il desiderio che le corrisponde, genera il linguaggio: Adamo apre gli occhi e le sue parole sono la risposta alla meraviglia di una nuova realtà che va definita, nominata, cantata.

Chagall non poteva che essere sedotto dall’incontro di temi spirituali e di riferimenti alla vitalità e all’abbondanza della natura che troviamo nel Cantico. Il pittore fa suo questo poema d’amore e dedica alla moglie i cinque quadri della serie: “A Vava, mia gioia e mia allegrezza”.

Questo allearsi della forza e della tenerezza è per Chagall l’origine di ogni riuscita in arte e nella creazione.

È questa alleanza che detta anche la scelta del colore, il rosa sensuale della carne, delicatamente tratto da un quadro all’altro verso il rosso, l’arancione o il bianco; solo dopo squillano in questa armonia, incandescente e insieme tenera, i gialli, gli azzurri, i viola. La scelta di uno stesso colore per tutte e cinque le opere rientra nel campo della tecnica musicale, del tema con variazioni: per Chagall la musica è indissociabile dalla pittura. Del resto, ritroviamo la dominante di un colore in tutte le opere del museo, giocate ora sul blu, ora sul verde, sul bruno, sul giallo.


Il Cantico dei Cantici II  

A differenza del primo dipinto del Cantico, il secondo si articola su ritmi circolari morbidi. Tre gruppi principali costituiscono questa tela: in alto a destra il trono di Salomone, araldico e pieno di un sapore familiare. Al di sopra del trono figura il Re Davide, alato come un angelo, con l’arpa fra le mani. L’albero rovesciato, che già s’incontra nel quadro di Adamo ed Eva scacciati dal Paradiso, rimanda al dipinto successivo, immagine poetica per eccellenza.

In basso appare il paesaggio brumoso di Gerusalemme, le sue cupole, i suoi tetti, la Torre di Davide. Non sembra un grido patetico e commovente quella mano tesa verso lo spicchio di luna, che dà alla città un’apparenza irreale? 

La notte è universo di sogno, sulle colline cade una chiarezza quasi divina.

Il tema centrale mostra un grande nudo disteso, col braccio piegato su cui riposa il volto: citazione di Goya o ancor più di Giorgione, la cui Venere di Dresda giace, analogamente, in un paesaggio e in una luce che l’avvolge. 


Il Cantico dei Cantici III 

La presenza della donna è evocata innanzitutto da linee curve che ritagliano nel quadro vasti spazi volteggianti e sospesi al cui centro appaiono creature e città: il pittore, ai margini della tela, si è rappresentato al cavalletto, in una felicità che aumenta intorno a lui la presenza di fanciulli (è un momento poetico che rimanda alla dolcezza del suo secondo soggiorno in Russia, quando, negli anni 1920-1922, insegnava la pittura ai bambini orfani di Vitebsk).

Lanciati nello spazio da questi ritmi circolari oppure trasportati dai suoni evocati dai musicisti in basso a sinistra, gli sposi salgono come un fuoco d’artificio per tutta l’altezza del quadro; allungati in questa ascensione, sembrano una qualche cometa vertiginosa trascinata da una profonda forza interiore. 

Come in altri quadri, la città dà uno slancio prodigioso alle creature sospese sopra di lei, tanto più sovrannaturali quanto fuori scala rispetto al paesaggio. Ma qui, più che in ogni altra di queste pitture, il paesaggio e la città contano in sé. Anzi qui costituiscono un’autentica chiave dell’arte del pittore.

Mentre Gerusalemme, più volte citata, è per eccellenza un’autentica “figura” biblica e una delle voci del Cantico, qui Vence e Vitebsk appaiono associate per la prima volta.

Queste città appartengono al ricordo ma a livelli diversi: a Vence il pittore abita quando dipinge questi quadri, può vederla dalle finestre, con le sue mura a nord e la sua cattedrale, è la città reale, esiste davanti ai suoi occhi anche se la può dipingere quasi ad occhi chiusi. Vitebsk, al contrario, ha perso per lui ogni realtà geografica, l’ha lasciata per sempre nel 1922, già cinquant’anni prima di dipingere questo quadro, è la sua città solo nella memoria, riflesso di una città esistita nella propria storia, ma che non esiste più che nel ricordo. Una città da sognare o desiderare, una Gerusalemme da cui si è stati esiliati.

Immaginiamo ora che Vence sia in riva all’acqua; vi si rifletterebbe, e la sua immagine invertita, confusa talvolta dal vento sull’acqua, non avrebbe più consistenza di un sogno. Il rapporto tra Vence e Vitebsk, nella memoria del pittore è giusto questo: città, alberi, creature capovolte, sono quelli del ricordo, appartengono all’altro lato dello specchio.

La luna, creatura notturna, associata a Vitebsk, appartiene anch’essa al campo poetico, dove la realtà è la materia dei sogni, ma cambia di qualità varcando quello specchio che è il quadro: così, quando Chagall dipinge a rovescio, come fa qui, un piccolo personaggio con la bisaccia sulla schiena, il cane che gli cammina davanti, non fa altro che scegliere il riflesso della realtà e non la realtà stessa, toglie l’immagine dipinta dalla logica del mondo fisico, la fa entrare nell’universo psichico e le trova una logica differente.

Le figure del Circo, quasi interamente assenti nel Messaggio Biblico, fanno qui una riapparizione: l’equilibrista suonatore di flauto, con i piedi per aria, appartiene a questo mondo del riflesso verso cui Chagall ci attira come davanti a uno specchio d’acqua.


Il Cantico dei Cantici V

L’ultimo quadro del Cantico non è quinto che per il titolo: i suoi temi, il colore e i ritmi ne fanno una variazione sul rosa, l’amore, la musica, il Re Davide e le città.

Da quest’ultimo punto di vista, la Città ha in Chagall – e singolarmente in questo quadro – un posto privilegiato. Qui sono Vitebsk e Gerusalemme associate, lontane sia l’una che l’altra. Entrambe, come detto, appartengono all’universo mentale del pittore, e l’irruzione delle cupole ortodosse vicino alla Città Santa innalza la Vitebsk dell’infanzia al rango di una città biblica e leggendaria. Parigi, New York, e infine Vence, vi si aggiungono, non per fornire degli scenari, ma piuttosto per cantare con le figure la parte di veri personaggi.

La valle del Cedron prosegue nella Dvina, una barca nel sole è forse una citazione di Monet o di Turner; i raggi di un sole multicolore illuminano l’acqua e anche i volti dei due amanti; la mano posata sul seno della sposa è un omaggio alla Fidanzata ebrea di Rembrandt, così come nei dipinti del ciclo sono citati Giorgione, Veronese, Rublev, mai come pedissequa imitazione ma sempre ricomposti e integrati nella luce e nel colore del quadro. Il Re Davide è un tracciante blu-viola che sta per dissolversi, gli resta qui questa grazia, questo volo. L’uccello lo sfiora con l’ala, i musici rimasti a terra fanno segni, una sposa agita foglie e rami che sembrano un pizzo bianco, un vecchio suona lo shofar delle feste, un braccio teso offre un libro aperto – musica, poesia, Bibbia? –  e rimanda così al primo quadro di tutto il ciclo: La Creazione dell’Uomo.

Tutti i temi, come quelli di una costruzione musicale, riappaiono volta a volta; dalla loro presenza e combinazione dipende l’equilibrio dell’opera. Ma non bisogna separare significato e forma, non più che significato e colore.

Guardiamo infine ai volti dei fidanzati al centro del quadro: i volti giallo e verde hanno in questo rosa un valore estremamente stridente: questa forza e questa tenerezza unite, che si incontrano così di frequente da un quadro all’altro di tutto il ciclo, riappaiono qui per portare ai dipinti del Cantico la necessaria tensione e trasportarci ancora nel misterioso e difficile incantamento dell’arte.

Riferimenti:

Pierre Provoyeur Marc Chagall Messaggio Biblico ed. Jaca Book
Giuliano Zanchi, In ascolto della vita. La voce dei sapienti nella Bibbia

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *


Il periodo di verifica reCAPTCHA è scaduto. Ricaricare la pagina.