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“Titizè: A Venetian Dream”

Chiude in bellezza la stagione di prosa al teatro Donizetti.
Uno spettacolo da straordinario Carnevale veneziano.
Una valorizzazione del mondo fascinoso del circo

Clown, attori, acrobati, musicisti, giocolieri...

Diciotto quadri onirici, in cui si muovono clown, attori, acrobati, musicisti e giocolieri che camminano e danzano, magari a testa in giù, agghindati di tutto punto. Intanto un delfino argentato a un certo momento si libra tra la platea, mentre sullo sfondo una sirena dalla coda lunga tre metri si muove sinuosa, e un uomo nuota, con tanto di salvagente. Ci sono pulcinella, arlecchini, dame del ‘700, bagnanti in costume primi ‘900: insomma, una quarantina di abiti di scena che non devono però intralciare le acrobazie di questi dieci talentuosi e multidisciplinari interpreti.

Un gioco mitico del mascherarsi che rimanda al velarsi per svelarsi per poi ancora rivelarsi...

Molti dei quali sono mascherati, con palese rimando al Carnevale veneziano, in un gioco mitico del mascherarsi appunto che rimanda al velarsi per svelarsi per poi ancora rivelarsi, tipico della Commedia dell’Arte. In netto contrasto, alcune performance sono svolte da acrobati in abiti comuni, come le esibizioni al palo cinese (qui davvero mi è mancato il fiato al vederli pericolosamente tuffarsi a testa in giù) o le cinghie aeree, dove l’equilibrio sembra impossibile e gli acrobati volano, pur senza alcun mezzo di contenimento.

Teatro, danza , acrobazia, circo si alternano in questo raffinato spettacolo, che mescola il linguaggio della Commedia dell’Arte con sorprendenti macchine sceniche: nuvole, fumo, fuoco e acqua, soprattutto, che crea un aspetto quasi liquido, grazie a un forte gioco di riflessi, con l’uso di specchi e cristalli, e sa dare un senso di continuo movimento e instabilità. E’ la magia di Venezia, dove si respira un profumo salmastro e orientale, città costruita appunto sull’acqua, che la circonda, e dove si mescolano passato e presente.

Anche il termine “titizè”, che dà il titolo allo spettacolo, significa, con un gioco emblematico,  “tu sei”, in dialetto veneziano e sottolinea l’universalità di un’ esperienza che coinvolge tutti.

Un'atmosfera giocosa e dissacrante

La parola non serve, ed effettivamente il dialogo è limitato a pochissime frasi, in genere in dialetto, mentre importantissima è la musica che fa da collante alle varie scene, in cui predomina il linguaggio del corpo.

Stupore e leggerezza si fondono così in questo circo lirico, con scene e storie poetiche, ironiche e visionarie.

Spettacolo che ridà nuova giovinezza al circo e ai suoi protagonisti

Confesso che non mi è mai piaciuto il circo dei miei – ormai venerandi – anni, specialmente  per gli animali, vecchi e malandati e forse intontiti da qualche calmante: leoni spelacchiati, elefanti malmessi , scimmie … per non parlare, poi, dei poveri pagliacci e dei nani!

Questo spettacolo invece mi ha davvero affascinato, soprattutto per l’atmosfera giocosa e dissacrante, condita dalla grande bravura degli artisti.

E il pubblico mi ha dato ragione, applaudendo a più non posso la compagnia, diretta da Daniele Finzi Pasca.

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