
A Bergamo, nella chiesa di Sant’Agata nel Carmine in città alta, si conserva una bella ancona lignea cinquecentesca raffigurante l’Immacolata Concezione col Bambino; la Madonna è circondata dalle figure di santi, frati e teologi che hanno contribuito alla meditazione e definizione di questo dogma mariano.
La realizzazione dell’opera avviene in un momento storico nel quale erano ancora vive le dispute tra l’ordine francescano, che sosteneva il concepimento di Maria senza peccato originale, e i domenicani, che non ammettevano invece l’esclusione di Maria dal peccato perché ciò avrebbe svuotato di significato il sacrificio redentivo di Cristo.
A testimonianza della difficoltà di accettare universalmente questo dogma, esso venne proclamato solo l’8 dicembre 1854 da papa Pio IX.
Vale la pena davvero sostare nella contemplazione dell’opera e approfondire i vari aspetti di essa con l’aiuto anche del piccolo, utile pieghevole presente in chiesa (a disposizione dei visitatori si trova pure il Quaderno del Museo Bernareggi per una più ampia lettura dell’ancona).
Cogliamo l’invito che quest’opera ci rivolge per proporre una breve riflessione su Maria.
Frequentemente si parla dei dogmi mariani e dei titoli che la Chiesa attribuisce alla Madonna come fossero dei privilegi che la distinguono da tutti gli altri uomini. Ma il rischio di questa prospettiva è di fare un discorso un po’ pagano, che sacralizza Maria come fosse una divinità (certamente il Vangelo non lo vuole), e anche di tenerla a distanza, mostrando ciò in cui sarebbe diversa da noi, quasi inaccessibile rispetto agli altri uomini peccatori.
Appare più fecondo alla nostra vita di fede accostare invece Maria come colei che pienamente realizza il disegno buono che Dio ha fin dall’inizio per tutti noi, per tutti i figli di Adamo, come dice la liturgia.
Come sempre occorre andare alla nostra esperienza umana profonda, al nostro rapporto con la madre, per capire come avviene la rivelazione di Dio in Maria (la maternità di Maria è del resto il primo dogma da cui derivano tutti gli altri: Verginità, Assunzione, Concepimento Immacolato…).
Ogni mamma nel procreare un figlio – anche senza esplicitarlo direttamente e senza esserne forse consapevole – dà testimonianza all’amore incondizionato e indissolubile del Creatore, rivela al figlio, col suo amore e dando la vita, che questa vita è buona, è affidabile, contiene una promessa originaria cui prestare fede.
E tuttavia questa prima, decisiva e fondativa promessa sembra poi irrimediabilmente pregiudicata proprio dalle esperienze del vivere, dalle concrete condizioni del mondo e dell’uomo, dal suo dubbio e dalla sua fragilità, dalla sua sfiducia nella vita, un veleno sottile e infido che sembra corrompere ogni cosa. È questo che noi chiamiamo, sbrigativamente, peccato originale, condensando in una definizione quella che è una condizione esistenziale: il salmo dice “nel peccato mi ha concepito mia madre”.
Questo non è però lo sguardo di Dio, bensì il punto di vista, velenoso e mortale, del serpente, che troviamo già all’inizio della nostra storia e che ci fa dubitare del Creatore, il veleno maligno di una tentazione che ci suggerisce e instilla un’idea sbagliata di Lui e della vita, un’idea portatrice del sospetto, della violenza, o di una leggerezza opaca e inconsistente che non è capace di dar credito a nulla fino in fondo, non sa scegliere nulla davvero, tutt’al più porta a sopravvivere giorno dopo giorno.
Così allora fin dal principio Dio ha preso posizione in rapporto a questa inimicizia fra la donna e il serpente, tra la fiducia al dono e la diffidenza su di esso: “la discendenza della donna ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno”, ci sarà una donna che non cederà a questo veleno.
L’Immacolata Concezione di Maria, cioè la sua immunità dall’eredità mortifera del serpente, il suo accettare la parola di Dio senza sospetto, vincendo la diffidenza del mondo, è la realizzazione di quella promessa di Dio, e grazie a Cristo diventa l’adempimento della promessa che anche ogni madre fa al proprio figlio.
Questa fede di Maria viene da lontano, la sua immunità dall’astuzia del male è il frutto della fedeltà di Abramo, di Mosè, di Davide, dei profeti, di tutti i poveri del Signore che segretamente e silenziosamente nella storia si affidano a Lui: Maria è infatti la figlia di Sion, il frutto maturo della preparazione dell’avvento del Messia.
Perché l’uomo arrivi a fidarsi di ciò che Dio gli dice attraverso la madre c’è bisogno di questa lunga conversazione di Dio con gli uomini nella storia.
Ecco perché è improprio parlare della Concezione di Maria come di un privilegio: in essa c’è tutto il senso del dialogo di Dio con l’uomo. Ogni madre è in qualche modo immacolata agli occhi del figlio, ella è testimone di questa parola iniziale che non vien meno ed è data per ogni uomo: “Egli ci ha scelti, in Cristo, per essere santi e immacolati, di fronte a lui nella carità”.
La devozione mariana ci deve portare qui: Maria ci invita a vincere la diffidenza e il sospetto cui spesso cediamo, nella fiducia a quella Parola che Dio ci ha fatto arrivare attraverso la carezza e la voce della nostra mamma.