L’evangelista Matteo, col suo racconto dei Magi, mette in immagini, nel presepe, il grande tema proposto nel cap. 60 di Isaia: “Cammineranno le genti alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere…”.
Il popolo d’Israele, in esilio a Babilonia dove scopre grandi religioni e movimenti di popoli, proclama dopo il ritorno a Gerusalemme che Jahvè è il Dio di tutti gli uomini e di tutta la storia.
Il racconto dei Magi riassume quindi la vicenda di Gesù riletta dalle prime comunità cristiane: il rifiuto dei notabili d’Israele, scribi e farisei, il compimento delle profezie, l’esito pasquale della storia del Bambino: viaggio e passaggio di vita aperto a tutti gli uomini.
Erode a Gerusalemme freme d’inquietudine, come il Faraone ai tempi d’Egitto, e si libera della sua paura mettendo a morte i bambini appena nati di Betlemme. L’eterna violenza dell’uomo, inestirpabile anche oggi.
Compito dell’arte non è fare minuziosi discorsi filosofici o teologici, ma alludervi attraverso il proprio linguaggio con la sintesi concentrata di un’immagine aperta a molteplici interpretazioni e sguardi.
L’Adorazione dei Magi è un’opera che Leonardo lascia nello stato di abbozzo, partendo da Firenze per Milano nel marzo 1481 e abbandonando per sempre la commissione di una pala per l’altare maggiore, giuntagli dai monaci di San Donato a Scopeto.
Quest’opera nata da una lenta elaborazione attraverso numerosi e splendidi disegni preparatori, ci pare affascinante e modernissima: l’immediatezza espressiva, la freschezza e respiro di questa tavola dipinta solo in parte, escludono l’esigenza di altra e diversa compiutezza.
Il tema della Natività non è qui legato al gioioso annuncio degli angeli, a pastori inginocchiati in contemplazione, ad esotici e ricchi cortei di principi orientali, con cavalli, dromedari, altri strani animali mai visti. Leonardo mostra una folla disordinata e agitata, sorpresa e quasi sconvolta.
Il convergere verso il Bambino di tutti i popoli e nazioni, è significato da coloro che, prostrandosi e offrendo doni, circondano da ogni lato la mamma col suo piccolo, lasciando aperto solo lo spazio per l’osservatore, chiamato anch’egli a prendere parte e decifrare l’avvenimento.
Intorno a questo gruppo compositivo centrale, compaiono i messaggeri celesti, accanto al bellissimo albero di leccio. Sono meravigliose creature, sorridenti al modo che conosciamo, assorto e quasi grave, enigmatico e malinconico.
Lontano, il corteo che accompagna i Magi è nell’agitazione estrema di coloro che si dibattono in una confusa ignoranza. Lotta di cavalieri e cavalli scalpitanti, metafisiche e misteriose prospettive di scale: una costruzione incompiuta o in rovina che allude alla vicenda pasquale di Cristo, al suo corpo, tempio distrutto e ricostruito in tre giorni.
Sensibile a tutto ciò che può accrescere l’intensità psicologica della scena, Leonardo si allontana da esotismi ingenui e narrazioni popolari mettendo in scena una grande storia umana: attraverso un senso di fluida spazialità, per piani successivi, una folla composita e fluttuante arriva a fare cerchio intorno alla Vergine. Sono espresse tutte le tipologie delle emozioni e sentimenti umani: paura e dubbio, abbandono fiducioso, agitazione e calma contemplativa, indifferenza, violenza, dolcezza…
Nulla rimane dell’Epifania tradizionale, e ai pastori e ai re è sostituita la più vasta moltitudine delle mani, dei volti intensamente caratterizzati, dei panni guizzanti da un lato fuori dalle ombre della siepe umana, succhiati dall’altro da un sospeso pulviscolo luminoso. Non sono magi, non sono guardiani di armenti; sono le creature viventi, tutte le creature con la fede e col dubbio, con le passioni e con le rinunce della vita, ‘aureolate’ dalla luce creatrice di questo capolavoro in cui il colore non avrebbe luogo” (Angela Ottino Della Chiesa).
Leonardo sembra suggerire che decifrare quanto accade davanti ai nostri occhi e dentro di noi è il compito impegnativo e appassionante della coscienza e del cuore.
Pare complicato, forse impossibile, diventare uomini secondo il Vangelo, ma quella stella che brilla per i magi, quella storia raccontata da Matteo, il Signore la sta raccontando dai cieli accompagnando la strada di tutti gli uomini che cercano la verità della loro vita.
Desideriamo che non ci accada oggi come allora agli esperti esegeti della Scrittura, che non hanno saputo riconoscere l’essenziale che avevano innanzi: il mistero di pietà e riconciliazione di Dio per ciascuno di noi, detto nell’uomo.
A proposito di mistero e di pietà, e di quelle dimensioni umane che paiono oggi così difficili da custodire e guadagnare allo spirito, riportiamo un pensiero di Maria Zambrano.
Pietà è saper trattare col mistero. Per questo il suo linguaggio e i suoi modi hanno ripugnato tanto l’uomo moderno che si è lanciato freneticamente, a trattare solo con le cose chiare e distinte. (…)
Ma rimane un immenso territorio che ci avvolge e abbraccia che ci respinge sommergendoci a volte nell’angoscia e nella disperazione, e che non è né chiaro, né distinto. E lì sta; dobbiamo farci i conti in ogni istante. È semplicemente la nostra propria vita.
Il mistero non si trova fuori; sta dentro ognuno di noi, ci circonda e ci avvolge. In lui viviamo e ci muoviamo. La guida per non perderci in lui è la Pietà”.