
La presentazione in Accademia Carrara, con l’intervento del direttore del Museo del Prado di Madrid, è implicito riconoscimento dell’importanza di Bergamo nell’opera di Lotto.
Il catalogo invita a guardare di nuovo questo artista e a coglierne i molteplici messaggi; tra i tanti è particolarmente suggestivo il suo modo di raccontare la fede.
La pala della “Trinità”, esposta al Museo Bernareggi, oltre a bellezza, arte e cultura, può diventare una coinvolgente lezione di catechismo che presenta in figura ardui argomenti di dogma.
Nella parte bassa il dipinto si apre su una luminosa veduta di colli che, in un assolato pomeriggio estivo, sfuma all’orizzonte; chi guarda però è nello scuro fitto del primo piano.
“Il popolo che camminava nelle tenebre…” (Isaia 9,1)
La bellezza struggente del creato occupa solo la settima parte della pala, ma è la parte più prossima all’occhio di chi guarda, invito ad “entrare” nella storia sacra, muovendo dello stupore del mondo visto a “volo d’uccello”.
Lorenzo Lotto – Trinità, 1523-24 – olio su tela cm170x115 – Museo Bernareggi, Bergamo
Al di sopra di una piccola striscia di cielo tutta la rimanente parte del dipinto rende “visibile l’invisibile” con uno sfondamento di nuvole sostenute da angioletti.
Sopra le nuvole appare l’arcobaleno e lo sfondo diventa giallo, spazio del sacro, dorato come gli sfondi delle antiche icone. Al cento il “Figlio” mostra la propria corporale umanità trafitta dei segni della passione, pudicamente riparata da drappi con i colori della divinità e della regalità.
“Il mio arco pongo sulle nubi ed esso sarà il segno dell’alleanza tra me e la terra” (Genesi 9,12).
Dal fondo, come sfondato da un bagliore, traspare una figura monocroma, visione ectoplasmatica con le braccia protese in un abbraccio e le mani aperte nell’impeto creativo. “Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona” (Genesi 1,31).
La visione si schiarisce al centro in un biancore a forma appena accennata di colomba: le forme sfumano, evaporando nella prossimità del mistero, e una brezza, la stessa che agita i drappi di Cristo, dirada le nubi. “Mentre…il giorno stava per finire…venne all’improvviso un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo…” (Atti 2,1-2).
Lorenzo Lotto interpreta il mistero trinitario con iconografia totalmente nuova, stravolgendo i canoni secolari che Previtali, pittore aggiornato da poco tornato da Venezia, ancora declina nella pala di Almenno.
Andrea Previtali- Trinità, 1517 – Almenno S.S.- Chiesa di S. Nicola
La rinnovata rappresentazione dal mistero trinitario riscuote grande interesse e trova numerose citazioni tra i pittori bergamaschi, dal Cinquecento al Settecento.
Nella pittura di pale sacra dell’età della Controriforma le innovazioni lottesche – lo sfondamento dei cieli al di sopra di una veduta quotidiana e l’immagine del Padre evocato da pura luce dorata – diventano canoni vincolanti nella committenza ecclesiastica.
I consensi per il dipinto si interrompono alla fine del Settecento con severi giudizi di “pietismo oleografico” e “leonardesco languore”; la piccola pala viene trascurata, fraintesa, descritta come “Ascensione”; sarà il restauro del 1980 a restituirla all’attenzione della critica.
Giambattista Moroni – Trinità, 1550 ca. – Albino – Chiesa di San Giuliano
Enea Salmeggia La Trinità e i Santi Bernardo e Maria Maddalena, 1606 Romano L. – Chiesa di San Defendente
Giovan Paolo Lolmo – La Trinità, 1582 – Cappella de Vegis ex chiesa di S. Agostino ora aula magna di UNIBG (In comodato dall’Accademia Carrara)
La pala fu commissionata a Lotto dalla Confraternita dei Disciplini della Santissima Trinità e rimase nel loro Oratorio, di rimpetto alla chiesa di Santo Spirito, fino alla soppressione nel 1808.
Oratorio della Santissima Trinità – Foto del 1910 – demolito nel 1917
La pala, insieme ad altri dipinti a soggetto religioso requisiti dalle chiese soppresse, fu comprata dal curato Giovanni Conti per evitare la dispersione sul mercato di immagini che per secoli avevano ispirato fede e devozione. Giovanni Conti, non collezionista ma uomo di devozione, nel 1818 lasciò tutte i dipinti alla sacrestia della sua chiesa di S. Alessandro in Croce, dove ancora si conservano.