
Non è un romanzo, piuttosto un mémoire, un’opera biografica, che racconta, con straordinaria forza e verità, in forma di lettera,il rapporto tra una madre, Ada, che si scopre malata di cancro, e la figlia, Daria, ragazzina gravemente disabile.
A lei la mamma si rivolge direttamente, in un intreccio tra passato e presente, raccontandole la loro storia, in un viaggio nel tempo, nella vita e nei ricordi dell’autrice, una vita in fondo normale, ordinaria.
Ballerina classica, diplomata all’Accademia Nazionale di danza, Ada D’Adamo si è poi laureata in Discipline dello Spettacolo e ha scritto diversi saggi sulla danza e il teatro, con riflessioni sul corpo e la corporeità. E proprio a lei, che dell’armonia del corpo aveva fatto quasi un mito, toccherà in sorte una figlia disarmonica, che non parla, non vede, non cammina. E giocando sul suo nome, Daria, la mamma la considera, per queste sue limitazioni, come fatta “d’aria”.
Questo in realtà è il primo libro dell’autrice (e purtroppo unico: morirà infatti il 1° aprile di quest’anno), sorto dalla necessità di fissare sulla carta, dapprima solo per se stessa, le proprie esperienze faticose e drammatiche nell’affrontare la disabilità della figlia, poi, con la scoperta della sua malattia, dal desiderio di dar voce pubblica a quel mondo a parte di chi vive in condizioni di disabilità e malattia e fatica a essere compreso e aiutato da una società che si rivolge solo a chi è giovane e sano.
Queste pagine, dalla scrittura scorrevole, lieve, lucida e precisissima, con grande perizia di immagini, ti danno veramente un pugno nello stomaco, per l’argomento terribile, difficile e doloroso che trattano, eppure non riesci a distaccartene. Il libro infatti, che è una sorta di viaggio iniziatico, ti fa fermare e riflettere, mentre ti insegna ad amare, e a ricercare un senso, uno scopo, anche attraverso le difficoltà e pur mettendo a fuoco il “lato notturno” dell’esistenza, comunque in un disperato desiderio di salvezza e di vita.
Secondo l’autrice, è nel corpo che si annida la memoria di ciascuno di noi. Il corpo infatti registra ogni esperienza, che rimane viva e latente dentro muscoli e ossa e viene codificata in segni, cicatrici, ferite, malattie.
Così, tutto passa attraverso i corpi di Ada e Daria: fatiche, rabbia, segreti, ma anche gioie inaspettate e momenti di grande tenerezza.
La malattia di Ada, poi, unirà mamma e figlia nella fragilità, perché il corpo della madre cambia, si indebolisce, si sgretola sino ad assomigliare a quello della figlia, e a farsi “d’aria”, in una sorta di “incorporazione”.
La fisicità allora si sublima in sostanza impalpabile, aerea, immortale.
Ma per Daria, dopo Ada, ci sarà comunque , nonostante tutto, una luce in fondo al tunnel: l’amore grandissimo e splendido di suo padre, l’affetto della sua grande amica Cecilia e dei tanti bambini che a scuola o al parco o in ospedale l’hanno incontrata e per i quali lei è apparsa appunto come “una luce”.