La barca e il mare. Variazioni evangeliche

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Il Vangelo narra della piccola barca che attraversa il lago.
Gesù è a bordo nonostante la tempesta.
La Chiesa è diventata una corazzata.
Ma sulla corazzata c’è molta acqua e Gesù non lo si vede

Gesù  sale sulla barca con i suoi discepoli (l’episodio della “ tempesta sedata” è narrata dai tre sinottici) e si dirige fuori  dai confini di Israele, in terra pagana.

Sulla piccola barca Gesù c’è

In fondo poteva stare vicino alla riva, lì dove il lago è meno profondo e ci sono più sicurezze. Ma è Gesù stesso che comanda “Passiamo all’altra riva” (Mc 4, 35),  mostrando fiducia ai “suoi”. Non è una grande barca, è solo un peschereccio che avanza con fatica sbattuto qua e là dall’impeto delle onde.

Il Signore dorme. Sembra non curarsi della violenza delle raffiche di vento, della bufera devastante che minaccia morte. Dorme, eppure è presente, mentre  i discepoli sono assaliti dalla paura “Maestro, non t’importa che moriamo?” (Mc 4, 38)

La barca attraversa il lago. Gesù dorme e sembra disinteressarsi della tempesta

Non sono ancora giunti a quella fede (e com’è difficile) che non si scandalizza se il modo di pensare di Dio è diverso da quello degli uomini. Una fede che non gratifica, perché non soddisfa in maniera immediata e “ragionevole” le attese che così vanno deluse.

Sono fermi al dio tappabuchi.

Sì, era solo una fragile barca, luogo di vocazione e simbolo dell’avvenire escatologico.

Fragile, è vero. Ma lì c’era Gesù.

Sulla nostra grande corazzata Gesù non c’è

Noi l’abbiamo trasformata in una grande nave, alla fine in una corazzata, con la presunzione di diventare invincibili, per affrontare e vincere l’infuriare della vita.

Ma non c’è più Gesù.

È diventato un personaggio inutile. Ne possiamo tranquillamente fare a meno.

Così non ci siamo accorti di imbarcare acqua, fino al punto da esserne inghiottiti completamente, senza più nessuna differenza fra chi sta sulla barca e chi nel mare: una omologazione perfetta.

Abbiamo trasformato la barca in una corazzata. Ma siamo stati inghiottiti dalle onde

Le abbiamo attribuito la logica della potenza del mondo: una chiesa efficiente, una grande organizzazione, una macchina ben strutturata, ma dove, passando il tempo, qualcosa si è inceppato, e quando si è inceppato troppo, non si muove più. Ha perso la motivazione per cui è stata costruita.

Eppure Gesù ci aveva indicato una chiesa povera, spoglia, (ricordiamo l’invio dei “12” in Lc 10, 3) senza denaro, senza provviste né sicurezze, che accompagna l’uomo e non se ne erge sopra per dominarlo, fosse anche con istituzioni di carità, di giustizia, di pace, in un attivismo in cui si rischia di rimanere impigliati nella ricerca della produttività, perdendo l’orizzonte a cui siamo destinati.

“Vai oltre, al di là delle tu sicurezze”

In un’altra occasione Gesù, salito sulla barca di Simone, lo incita a prendere il largo “Duc in altum” “ Vai al  largo” “Vai al di là” (Lc 5, 4). Vai al di là delle tue sicurezze, vai oltre la tua periferia culturale, sociale, accetta di uscire dai rassicuranti binari, per percorrere vie nuove, incontro a tutti gli spazi umani, perché Dio ha voluto che il suo popolo, fin dalla nascita, fosse plurale.

Un giorno Gesù dice a Pietro: “vai al largo”. Vai oltre la tua periferia culturale

È l’alba di una chiesa che impara a “stare” con Lui che chiama, e a fidarsi “Sulla tua parola getterò le reti” (Lc 5 ,5).

Ma è prevalso il timore di perdere l’identità.

Ma quale?

L’identità su cui è piantata la Croce, o quella del potere, basata sulla centralizzazione del governo (quello che il papa chiama clericalismo), fatta di apparati, burocrazia, istituzioni che puzzano di mondanità, perché del mondo ha assunto la leggi anche quelle di mercato.

Non siamo andati al largo. Siamo rimasti fermi

Così non ci si è spinti “al largo”. Ci siamo assestati in un immobilismo che neppure il Concilio, nonostante le premesse, è riuscito a scalfire più di tanto, chiusi in un’angustia di orizzonti, sordi al vento nuovo dello Spirito che è la libertà di Dio. (2 Cor 3, 17)

Nel frattempo la barca c’è ancora, ma stenta a muoversi dalla riva, si è come arenata.

La barca non si stacca più dalla riva. I giovani non la vedono. E’ diventata archeologia

Le giovani generazioni non la riconoscono, anzi, non la vedono.

È diventata archeologia.

Il Vangelo non è più il criterio dell’uomo. Il metro è diventato la banalità dei social con le illusioni che alimentano, la bulimia informatica, il consumismo, la ricerca del benessere, un narcisismo  esasperato, il successo a basso costo, il tutto e subito, senza profondità, senza memoria del passato, né prospettiva di futuro.

Dio ha perso il suo ruolo.

Gesù può eventualmente anche piacere, ma non salva.

La missione di quelli che resistono a stare sulla barca, sarà quella di salvare Dio dalla grande dimenticanza, come insegna Etty Hillesum.

Ne va della verità dell’uomo.

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