Istanbul. Istantanee di un viaggio

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Sono appena tornato da alcuni giorni
passati con degli amici a Istanbul.
Impressioni a caldo su una metropoli
in bilico fra Europa e Asia

Una città intrigante che pare non avere confini, capace di accogliere più di venti milioni di abitanti. Parabola esemplare di un paese, la Turchia, grande tre volte l’Italia, che porta con sé una complessità che chiede di essere decifrata con attenzione.

Una geografia umana plurale

Dalla costituzione della Repubblica da parte di Mustafa Kemal,  chiamato Ataturk, “il Padre dei Turchi”, il 29 settembre 1923 è uno stato laico che non ha l’Islam come religione ufficiale, che fa festa la domenica e non il venerdì e che tiene traccia di un passato glorioso, bizantino prima e ottomano dopo, capace di tenere insieme differenti fedi e culture.

Istanbul è davvero, come tanti scrivono, “il ponte tra Oriente e Occidente”.

Camminando per le vie della città, tra le vestigie antiche della splendida Santa Sofia, due anni fa riportata a moschea dal “sultano” Erdogan, e la magnifica Moschea Blu, è facile incontrare donne interamente avvolte nei neri chador e,  contemporaneamente ragazze, in attillati e succinti vestiti variopinti, con tacchi vertiginosi o in jeans e t-shirt. Puoi ritrovarti in un grande viale con lussuose vetrine di abbigliamento delle più rinomate firme europee oppure perderti per le intricate vie con i botteghini pieni di ogni cosa. Essere bloccato nelle strade intasate ad ogni ora del giorno e della sera da auto e camioncini che cercano di aprirsi un varco tra i venditori ambulanti che, con le bancarelle stracolme, urlano le loro migliori offerte. Intanto, il muezzin, inesorabile, cinque volte al giorno richiama alla preghiera.

Balza subito agli occhi la sua natura bifronte, modellata su marcati contrasti: la Moschea di Solimano e l’Hilton

Una geografia umana plurale, come del resto la stessa geografia fisica di Istanbul: due città sul Bosforo unite dal nome e da una serie di ponti.

Balza subito agli occhi la sua natura bifronte, modellata su marcati contrasti: la Moschea di Solimano e l’Hilton, il Gran Bazar e la modernità novecentesca del quartiere Taksim, Palazzo Topkapi e il grande ponte che collega l’Europa all’Asia. Come a dire di una vocazione di raccordo, di incontro e di sintesi: non esiste probabilmente al mondo una città così duale, con anime a un tempo diverse e compresenti. Perché anche la storia ha voluto imprimere il marchio di culture e religioni diverse che hanno fatto grande la città nel corso dei secoli. Prima Costantinopoli, la Roma d’Oriente, poi Bisanzio, la seconda Roma e, conquistata dai cannoni nel 1453, la nuova vita come capitale degli Ottomani.

Tra Oriente e Occidente, tra laicità e islam

Non a caso, lo storico Philip Mansel ha pubblicato, alcuni anni fa per Mondadori, “Costantinopoli”, ricostruendo la storia di Istanbul proprio a partire da questo scontro-confronto tra civiltà. “La molteplicità di identità – scrive – era un fatto naturale: la città era una porta aperta nel muro che separava Islam e cristianesimo. La “sede del Califfato” apparteneva al “sistema Europa”: a Costantinopoli si poteva essere a un tempo greci e ottomani, musulmani ed europei, e considerare la nazionalità un mestiere anziché una passione”.

Turchia: avamposto occidentale o prima propaggine islamica in terra europea?

Anche oggi, i turchi incontrati durante il viaggio, raccontano l’attrazione esercitata dall’Europa e, insieme, il desiderio di non farsi omologare dalla cultura occidentale; la superiorità nei confronti del mondo arabo ma anche la fratellanza con il resto della grande famiglia musulmana sparsa nel mondo; la pretesa di salvare la laicità dello Stato e la forza di un Islam che, sostenuto dal potere politico, oggi ha una funzione identitaria debordante.

Turchia: avamposto occidentale o prima propaggine islamica in terra europea? Come coniugare democrazia e islam, laicità e fedi? Come costuire una “convivialità delle differenze” capace di costruire “terre di mezzo” tra diversi? Grandi domande che attraversano i confini e le cui risposte riguardano anche noi e le nostre terre. Ignorarle pare essere il gioco di tanti. Ma certo questa non è la soluzione.

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