
Nel novembre del 2015, a meno di tre anni dall’inizio del suo pontificato, Papa Francesco pubblica un libro in tema di arte.
Che un papa si occupi di arte e, soprattutto, che in prima persona esprima idee estetiche stupì molti ben pensanti, ma c’è ben altro.
Partendo dall’insolito contesto della “filosofia dell’arte”, il Papa propone una linea pastorale, anche una cultura “laicamente cristiana”, certamente anche un valido paradigma per riconoscere cosa sia arte.
Papa Francesco rivendica la centralità dell’arte nel raccontare le sfide del nostro tempo; riconosce ai linguaggi artistici contemporanei il coraggio di raccontare in forme sempre rinnovate la crisi ambientale, la povertà, l’emarginazione e, soprattutto, la ricerca di significati.
Scardina ogni retorica sull’arte sacra, spesso confinata a formule stanche o devozionali, per riscoprire un’alleanza tra fede e creatività, tra spirito e contemporaneità.
Non confonde l’arte con la “sofisticata propaganda persuasiva”, nemmeno con la pedagogia e con le “buone intenzioni”.
La bellezza dell’arte risiede nella profondità dell’esistenza – della vita e del mondo con le sue contraddizioni e i suoi lati tragici.
L’arte scuote, costruisce esperienza, amplia conoscenza, demolisce luoghi comuni e menzogna: provoca vita, dimostra che l’uomo non è un “essere per la morte”.
Francesco fa sue le intuizioni che hanno caratterizzato molti movimenti antagonisti al sistema economico mediatico della mercificazione dell’arte e della cultura scrivendo: “Il mercato rischia di rubare l’innocenza all’arte”.
Il ruolo del poeta e dell’artista si esprime contrastando la cultura dello scarto. “Questa società ha preso l’abitudine, dopo l’usa e getta delle cose, di usare e scartare anche le persone, così come butta via progetti, illusioni, sogni…Niente è perduto, niente è scartato, tutto ha un senso nella magnifica opera di Dio. La misericordia di Dio non scarta.”
Il libro è un’esortazione a perseguire il non detto – l’originale, l’inedito – per comprendere i tempi correnti.
E’ un invito a non temere l’ignoto per trovare il nuovo, dando al nuovo la valenza di segno da interpretare, affinché parli allo spirito, corregga errori e orrori, crei nuove relazioni – con le persone e con il mondo – commuova, risani, ricongiunga, elevi, consoli: evangelizzi.
Francesco definisce gli artisti “custodi della bellezza” esortandoli a non smettere di interrogare la realtà, di sfidare convenzioni, di esplorare nuovi alfabeti visivi ed emotivi, sempre nella prospettiva di parlare all’anima.
E’ una bellezza poco graziosa, scomoda, dirompente, da interpretare con gli strumenti della coscienza.
“L’arte fa pensare, rende vigili, svela la realtà nelle sue contraddizioni e manifesta ciò che sarebbe più comodo o conveniente tenere nascosto: come i profeti biblici denuncia falsi miti, nuovi idoli, tranelli del consumo, astuzie del potere”.
“L’arte, come la fede, disturba, non lascia le cose come stanno: cambia, trasforma, converte, muove.”
“Artista e Creatore condividono la passione per la creazione…” e cita prima Isaia: “Ecco faccio una cosa nuova, proprio ora germoglia…” e poi l’Apocalisse: “…ecco io faccio nuove tutte le cose…”.
Francesco scrive: “…nel gesto creativo si riconosce la forza di una preghiera e il suono della speranza”.
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